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      Home » Chi copiava Federico Zuccari?
      Cultura

      Chi copiava Federico Zuccari?

      RedazioneDi RedazioneNessun commento3 minuti di lettura
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      Sabato 31 agosto per la chiusura delle manifestazioni organizzate a Palazzo Grifoni-Nardini di Sant’Angelo in Vado, Bonita Cleri, docente di storia dell’arte moderna e storia dell’arte marchigiana all’Università di Urbino, ha tenuto la conferenza: Chi copiava Federico Zuccari?

      L’argomento ha riguardato le riflessioni sulle diverse versioni conosciute del tema del Cristo alla colonna di Federico Zuccari (1537-1609) attualmente conservato nel museo Diocesano Albani di Urbino, in origine nella confraternita urbinate di Santa Croce, intriganti per la fedeltà all’originale, fatte salve alcune varianti o cadute di stile così da concludere che, una volta apprezzata la qualità di un’opera con la conseguente sua richiesta nel mercato, si sia innescata la pratica della sua riproduzione anche all’interno della bottega stessa.

      Contesto. La realizzazione di copie è stata variamente praticata quale esercizio e pratica nel tentativo di assorbire il linguaggio dell’artista di riferimento, un fenomeno diffuso in particolare tra Sei e Settecento, ma il caso zuccaresco è particolare inserendosi nell’uso di replicare o fare realizzare agli allievi di bottega un tema rientrato nell’interesse di mercato.

      In altre occasioni Federico aveva realizzato più esemplari da un suo originale o del fratello Taddeo; in questo caso vengono messe in evidenza le tante edizioni di un dipinto che in epoca di riforma cattolica esercitava un forte appeal attraverso il modellato del corpo che si staglia da un fondo scuro, non illuminato da luce naturale bensì da quella simbolica, più intrigante è lo sguardo indirizzato al fedele attraverso il quale si sottolinea il sacrificio compiuto insieme con un tacito invito a condividerne la scelta: attraverso quello sguardo si instaura un rapporto diretto con il fedele, come suggerivano gli scritti dell’epoca tendenti ad evidenziare il martirio dei santi.

      Flagellazione. Il tema era già stato affrontato da Federico durante la sua esperienza spagnola quando all’Escorial nel registro intermedio del retablo maggiore dipinge una Flagellazione: Cristo legato al ceppo in marmo è in attesa dei colpi che gli infliggeranno gli aguzzini, si tratta di una postura simile all’urbinate Cristo alla colonna anche se in controparte e privo della presenza dei fustigatori.

      In altre occasioni la studiosa ha affrontato tale tematica ripresa ora a seguito dell’individuazione di un dipinto con lo stesso tema di buona qualità già conservato nella chiesa di San Clemente in località Pagino, comune di Fermignano, diocesi di Urbino al quale ora se ne sono aggiunti altri.

      La pittura è di notevole qualità per cui la sua presenza in una chiesa eccentrica e in zona rurale suggeriva una committenza colta ma anche agiata per potersi permettere il dipinto, la ricerca effettuata ha reso noto il complesso per il quale l’opera era stata realizzata.

      Quanto il tema abbia riscosso successo è sottolineato da una sua fedele edizione, leggermente più grande dell’esemplare urbinate, firmata dalla bolognese Lavinia Fontana conservata nelle Collezioni municipali di Bastia in Corsica dove era pervenuta nel 1844 a seguito del legato del cardinale Joseph Fesch, zio di Napoleone.

      A CURA DELLA REDAZIONE

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