La veglia si è aperta con la lettura del brano, tratto dal libro dell’Esodo, in cui Mosè riceve la chiamata di Dio attraverso un roveto che brucia ma non si consuma. In questo dialogo con Mosè il Signore intende chiamare il suo popolo per liberarlo dalla sua condizione di schiavitù e poter perseguire pienamente la propria vocazione di popolo di Dio. In ogni chiamata alla propria vocazione l’atteggiamento da assumere, specifica l’Arcivescovo nella sua omelia, è proprio quello di Mosè davanti al roveto ardente. In un primo momento c’è stupore per un fatto straordinario che irrompe nella quotidianità; in seguito Mosè cerca di comprendere il senso e il significato di questo avvenimento alla luce della sua esperienza di vita, mettendosi in un atteggiamento di discernimento. Infine, una volta compreso questo fatto straordinario, risponde con coraggio alla chiamata del Signore. Monsignor Coccia puntualizza che ogni vocazione, al sacerdozio, alla vita consacrata o alla vita familiare, presenta questi tre momenti fondamentali.
Arcivescovo. L’Arcivescovo ha poi dato testimonianza della sua personale vocazione raccontando come la chiamata di Dio lo abbia raggiunto in particolare in tre momenti della sua vita. La prima chiamata è stata quella alla vita, che accomuna ogni persona, pur in diverse circostanze: nel caso della sua famiglia, l’esperienza drammatica della guerra e il rischio di non poter nascere per un papà che era stato dato per disperso, ma poi ritornato sano e salvo per un misterioso disegno di Dio. La seconda chiamata è stata quella al sacerdozio che, racconta, essere stata “ordinaria” per tempi e modi: ruolo fondamentale ha giocato la vita della comunità parrocchiale e la parte del testimone che ha ricoperto il suo vice parroco, un prete che, sottolinea l’Arcivescovo, amava i giovani e sapeva stare con loro. Certo anche la famiglia, seppur dopo qualche perplessità iniziale, ha contribuito a far maturare liberamente questa chiamata, mettendosi al fianco e accompagnando questa crescita. Infine la terza chiamata è stata quella all’episcopato: alle iniziali incertezze ha poi risposto affidandosi obbedientemente al progetto che Dio gli aveva riservato. L’Arcivescovo ha concluso esprimendo la sua gratitudine al Signore per averlo “chiamato” in questi tre momenti, ed ha affermato che ogni tipo di vocazione dovrebbe essere accompagnata da questo atteggiamento: coloro che ricevono una “chiamata” si sentano disposti a rispondere con responsabilità, coraggio e prontezza.