Radice futura. Il nome dell’associazione pesarese, nata da persone variamente impegnate nel sociale, è già in sé un programma: radicamento in una identità, in un territorio, in relazioni fraterne e desiderio di misurarsi con il futuro, formandosi e impegnandosi in uno spirito di servizio verso la società. Una posizione consapevole e aperta, che ha trovato corrispondenza in quel lontano appello “Ai liberi e forti” lanciato da don Luigi Sturzo proprio cento anni fa e sottoscritto da persone che, pur essendo diversissime tra loro, erano convinte di avere qualcosa che li contraddistinguesse come cattolici e al tempo stesso potesse essere laicamente condiviso con tutti. Una posizione interessante anche per i cattolici di oggi, i quali, pur ritrovandosi, dopo la “diaspora” seguita allo sgretolamento della Democrazia Cristiana, ad abitare in “case d’affitto” differenti, non possono tuttavia esimersi dall’avere una propria identità e un proprio messaggio.
Attualità. Proprio per evidenziare l’attualità di tale appello, i responsabili di Radice Futura – Michele Redaelli, Giulia Marchionni, Giampietro Scavolini – hanno invitato venerdì 8 marzo il prof. Francesco Bonini della LUMSA di Roma (Libera Università Maria Santissima Assunta) il quale, dopo aver evidenziato la sostanziale affinità tra quel lontano contesto storico e il nostro (entrambi momenti-cerniera di passaggio ad un mondo nebuloso e magmatico) si è soffermato sul punto a suo avviso più qualificante per l’impegno politico dei cattolici, di oggi e di allora: un’idea esigente di democrazia. La democrazia – ha detto – non è un bene in sé (vedi le democrazie “autoritarie” e le democrazie “popolari”), ma lo è solo se pluralista, sussidiaria, solidale. Se presuppone cioè l’esistenza e la valorizzazione di soggettività sociali coscienti dei propri diritti-doveri e tra loro sanamente agonistiche. Se rispetta il principio, per la prima volta espressamente enunciato nella Quadragesimo anno da Pio XI, secondo cui lo Stato non deve invadere le competenze dei corpi intermedi, ma piuttosto sostenerli, in caso di necessità, in maniera suppletiva. Se riconosce che nessun soggetto è autosufficiente e che il maggiore deve essere solidale con il minore.
Stile. Su questo modello di democrazia doveva essere costituita, secondo il programma di don Sturzo, non solo l’Italia, ma anche l’Europa, che oggi invece è diventata non “comunità” ma semplicemente “unione”: “anello debole della Troika, istituzione servente della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale”. Il problema fondamentale, dunque, è la costruzione di soggetti consapevoli: come diceva Mao, per fare la rivoluzione occorre un partito rivoluzionario. Questo è il campo dell’impegno formativo dei cattolici, i quali devono essere positivamente e fieramente consapevoli che la capacità educativa e abnegativa della Chiesa cattolica, il suo stile di condivisione, relazione e servizio sono ancora gli strumenti più elevati per formare persone “libere e forti”.