“È per me! Tocca a me”. Con questa consapevolezza si è concluso il campo di formazione per educatori e animatori organizzato dall’Azione Cattolica diocesana. Dal 29 agosto al 2 settembre, presso la pieve di Castelcavallino di Urbino, oltre cento persone si sono alternate per ritagliarsi chi una giornata, chi tutto il campo, per lavorare su se stessi e riscoprire il senso autentico del proprio servizio con ragazzi e giovani.
Vocazione. Riprendendo l’ambientazione che l’ACR utilizzerà per il prossimo anno, quella della cucina, tutti hanno provato a impastare vocazione, motivazione, formazione, Parola e vita. Partendo dal brano di Marta e Maria (Lc 10,38-42), introdotto dall’assistente diocesano don Gianfranco Ciccolini, ci si è addentrati nelle varie case frequentate da Gesù con l’aiuto di don Stefano Basili, assistente diocesano dell’ACR di Senigallia. Per entrare nelle case dei nostri ragazzi, invece, è stato importante l’intervento di Cristiana Santini, psicologa e psicoterapeuta, che ha raccontato le varie sfaccettature raccolte dal suo osservatorio.
Ma un educatore o un animatore, senza aver compiuto il giusto discernimento, rischia di creare un’accozzaglia di “ingredienti” che, anche se di prima qualità, insieme hanno comunque un cattivo gusto. In questo Laura Giombetti, fornendo gli elementi basilari di una regola di vita, ha lanciato interrogativi importanti, ripresi poi da don Enrico Giorgini, responsabile diocesano della Pastorale Giovanile di Pesaro, oltre che …cuoco. Concetti riassunti dallo stesso vescovo Armando, che non ha voluto far mancare la sua vicinanza.
Speranza. “Per essere “generatori di speranza” non dobbiamo pensare alle nostre iniziative con la logica della conquista, bensì con quella del lievito. Questo ha comunque bisogno della massa, però è comunque capace di adattarsi al contesto in cui si inserisce”. È quanto Luca Marcelli, responsabile nazionale dell’Azione Cattolica dei Ragazzi, ha raccontato durante la giornata unitaria di sabato 1° settembre. «Un processo generativo richiede il gusto del tempo donato, sapendo che questo non sarà mai tempo perso. Un’associazione generativa è quella che riesce a far trovare il proprio posto a ciascuno. Tutto ciò senza dimenticare che l’intergenerazionalità non è un valore aggiunto, così come sta passando nell’attuale patto educativo, ma una delle risorse da cui partire ogni volta».
Tanti stimoli, profondo confronto, anche informale, tra i molti presenti, che hanno lasciato in ognuno quella positiva irrequietezza d’animo per il proprio servizio e la propria ricerca spirituale. “Le difficoltà che incontriamo non sono sufficienti a farci desistere dalla nostra chiamata”, si è detto al termine di questo campo, mentre qualcun altro ha aggiunto: “Tocca a me. In questo mi devo fidare di Lui, così che tutto non debba dipendere da me”.
Responsabilità. Sì, è per me, per ciascuno di noi. E questo è un «sì» di responsabilità, che spinge a diventare custodi di ciò che abbiamo trovato.