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      Home » Il silenzio dell’uomo inquieto davanti al Crocifisso
      Fano

      Il silenzio dell’uomo inquieto davanti al Crocifisso

      RedazioneDi RedazioneNessun commento3 minuti di lettura
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      Il silenzio dell’uomo inquieto davanti al Crocifisso è stato il filo conduttore dell’omelia del Vescovo Armando nella Santa Messa celebrata, nella cappella dell’ospedale Santa Croce, in occasione della Festa dell’Esaltazione della Croce. “Siamo confusi come gli uomini di ogni tempo. Il sussurro del volto crocifisso ci sorprende. Ma il crocifisso non è uno sconfitto? Cosa può dirci un crocifisso sconfitto agli occhi del mondo a un cuore ingrato? Forse nel Golgota si è aperto un crinale perchè la domanda fondamentale, che si agita nel fondo del nostro cuore, trovi risposta ‘E io, chi sono?’. Non più la nostra ricerca del volto di Dio, ma il suo sguardo sul nostro volto. Nel volto di Gesù che ci guarda – ha proseguito il Vescovo -prende forma il nostro volto. Ogni uomo prende forma dallo sguardo di quell’uomo che chiama la sua libertà a coinvolgersi con Lui. La tradizione della Chiesa, esperta in umanità, ha conservato gelosamente il gesto amoroso di una donna che, tra le prime, lo ha saputo accogliere. Veronica è ignota agli evangelisti, ma ella esiste, non è un’invenzione. La Chiesa non esita a metterci sotto gli occhi con forte realismo il volto dell’Innocente condannato, disprezzato e reietto dagli uomini. Il Volto del Crocifisso è il Volto di Colui che si è fatto carico di tutto il male degli uomini. Di tutto il peccato. Del male di tutti, del peccato di tutti. Per questo nel Suo volto è inscritto il volto di ogni uomo che soffre. Sul palcoscenico del mondo colpevole – ha proseguito il Vescovo – Gesù Crocifisso compie fino in fondo la missione affidataGli dal Padre. Le sue sette parole sulla Croce sono come la sintesi estrema della Sua predicazione, ma soprattutto della Sua opera di redenzione in favore degli uomini. Egli non ha considerato un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, anzi per salvarci si è annientato (cfr. Fil 2,6-7), non esitando ad attraversare tutte le plaghe dell’umana esperienza, vivendole in prima persona. Il Suo amore non ha arretrato di fronte all’ostilità più violenta: “allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano, dicendo: “Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?” (Mt 26,67); non si è sottratto allo scherno e all’insulto: “Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50,6). Tutto è compiuto” (Gv 19,28). Sull’altare del Golgota si è consumato il suo sacrificio. Davvero lì tutto si è compiuto. Il consummatum est è il vero volto della speranza cristiana”. Si può sperare, si deve sperare, per tutto e per tutti”. Il Vescovo ha concluso l’omelia citando la preghiera di Paolo VI recitata il 4 gennaio 1964 davanti al Santo Sepolcro.

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