EDITORIALE – IL CORRIDOIO UMANITARIO PASSA PER FANO E PESARO
Khadija e i suoi cinque figli
Khadija è una ragazza palestinese di 36 anni nata e vissuta sempre nei campi profughi. Era ancora nel grembo di sua madre quando, per sfuggire alle bombe dei conflitti arabo-israeliani, è entrata in Siria. Qui la guerra l’ha nuovamente raggiunta e così è stata costretta a spostarsi ancora, fino ad arrivare in Libano. In questi 36 anni Khadija è diventata mamma di cinque bambini, tutti nati nei campi profughi. Bassima, Mouhamad, Salam, Nasrallah e Jana: 12 anni la maggiore e 2 anni la più piccola. Da mesi Khadija non ha più notizie di suo marito, inghiottito da una guerra sempre più atroce.
Ora per questa famiglia la vita proseguirà in Italia grazie al corridoio umanitario realizzato dalla Comunità di S. Egidio, dalla Tavola valdese e dalla Federazione delle chiese evangeliche insieme ai ministeri degli Esteri e dell’Interno. È l’altra via alternativa alle tragiche rotte balcaniche e dei barconi del Mediterraneo. Una strada sicura che da febbraio ha portato nel nostro Paese circa 400 siriani. Gli ultimi, in ordine di tempo, sono i 56 profughi giunti in aereo lo scorso 25 ottobre a Fiumicino. Tra loro c’era anche Khadija con i suoi cinque figli. Per lei e per altre tre famiglie (in totale 15 persone) si sono subito aperte le porte di alcune abitazioni nel territorio delle diocesi di Fano e di Pesaro. «Ciò che più ci ha colpito al primissimo incontro all’aeroporto – spiega Giorgio Magnanelli, presidente dell’associazione la Banca del gratuito di Fano – è stata la straordinaria intensità dei loro sguardi, specchio di una fanciullezza per troppo tempo negata ma che si è rapidamente riconciliata davanti a un pallone e due monopattini».
A coronare la giornata è stata l’accoglienza di numerose famiglie italiane presenti all’arrivo dei profughi, con cartelli di benvenuto e palloncini. «E viene da pensare che esiste davvero un’altra Italia – prosegue Magnanelli – se consideriamo che l’incontro con queste persone è avvenuto proprio nel “giorno di Gorino” (25 ottobre ndr) in cui sono state erette vere e proprie barricate contro dodici ragazze in fuga dalla disperazione».
Tra le strutture di Fano messe a disposizione c’è anche un’abitazione della parrocchia di S. Pio X e “Casa Nazaret” della parrocchia S. Famiglia, pronta ad ospitare già dal prossimo novembre altre persone provenienti dalle zone di guerra.
A Pesaro invece l’accoglienza delle due famiglie di Damasco è stata curata dalla Caritas diocesana che ha coinvolto l’Unità pastorale centro e la parrocchia di S. Luigi Gonzaga, dove una famiglia italiana ha deciso di accogliere i profughi siriani direttamente in casa propria. Ed è già pronta anche una terza abitazione della parrocchia di Tavullia, sulle colline pesaresi. «Abbiamo anche aperto due conti correnti bancari – spiega Emilio Pietrelli, direttore di Caritas Pesaro – e cercheremo di stimolare una gara di solidarietà non solo per la comunità cristiana ma per tutta la città».
E tutte le associazioni coinvolte nel percorso umanitario ci tengono a ricordare che l’iter di ospitalità non prevede alcun finanziamento pubblico ma risulta unicamente a carico delle strutture di accoglienza sul territorio.
Roberto Mazzoli