È stato organizzato in collaborazione tra varie associazioni (Club Alpino Italiano, sezione di Pesaro, Giovane Montagna, Pastorale Giovanile delle Marche) l’11° Pellegrinaggio Notturno, dal monastero di Fonte Avellana a Cagli, per il “Sentiero Pier Giorgio Frassati” che passa attraverso le pendici marchigiane del Catria.Quarantuno persone (ci siamo contati e presentati con nome ed origine) hanno partecipato al pellegrinaggio, con partenza alle ore ventuno, compreso il saluto del Priore di Fonte Avellana, al morire del sole con uno slancio vitale invidiabile, indipendentemente dall’età di ogni singolo partecipante, ciascuno munito di una torcia elettrica per essere sicuro dei propri passi, come dovrebbe essere nella vita.
In una sosta, concluso il cammino del sole della giornata, sotto un cielo che si andava popolando di stelle per aiutarci a volgere lo sguardo verso l’alto, don Giorgio Paolini, che con don Francesco Pierpaoli ci ha accompagnati per aiutarci a vivere il cammino-pellegrinaggio, in rappresentanza delle diocesi di Pesaro e di Fano, ha tirato fuori dallo zaino una “torcia laser”. Sembrava che nel puntare ogni stella o pianeta quasi li toccasse, “chiamandoli per nome”. In altre pause, fatte ogni due ore circa di cammino, don Francesco ha letto brani stralciati da alcune lettere del beato Pier Giorgio Frassati, giovane di una gioia trascinante, che mostrano una persona fortemente legata alla famiglia ed esempio di uomo di fede, il modello avveniristico del credente non più passivo, ma attivamente impegnato nella vita di relazione, con Dio e con i fratelli, fondata sulla fede e sul principio della “vocazionalità” che sostanzia l’essere e l’operare umano, in ogni terrena manifestazione.
Di qui, da questo giovane dalla breve vita, concentrata sull’essenziale, nei primi giorni di luglio in tutta Italia, dalle Alpi alla Sicilia, si effettuano cammini come il nostro. Andare insieme per un “sentiero tracciato” è ben diverso dal camminare da solo per un viale alberato o in un parco o lungomare con l’egocentrico scopo di preservare la propria salute. Il cammino vero esige una meta posta in modo consapevole ed intenzionale al di là di se stesso.
Per contro, il camminare comune è occasione per imbatterci in persone che si conoscono, e le si saluta, ma anche per trovarsi di fronte il volto di qualcuno che si ha avuto modo di incontrare, ma non ci si ricorda chi è, e non ci si domanda come dove quando perché ci siamo incontrati. Un cammino notturno ha la valenza di far provare a chiudere gli occhi su ciò che ci circonda e di capire come una persona priva della vista “vede meglio” in qualcosa di chi ha gli occhi per vedere e non vede. Camminare in notturna è avere l’opportunità di volgere lo sguardo “verso l’alto”; ma “per vedere una stella sorridere bisogna guardarla almeno in due”. “Camminare verso l’alto” è la vera opportunità di incontrarsi con l’altro, è il modo di vivere ogni incontro ( in, cioè insieme, e contro, cioè aperto al confronto per “essere di più”).
In cima al monte Morcia abbiamo aspettato il sorgere del sole, in ritardo a farsi vedere, causa una foschia che dal basso neppure si avverte, ma che solo dall’alto, al di sopra delle turbolenze umane, si può scorgere nettamente. Il Giubileo invita a camminare verso l’alto per guardare oltre il proprio egoismo, ad andare verso l’altro, perché abbiamo bisogno di vedere nella materia un cenno dello spirito. Dopo la celebrazione dell’Eucarestia, il cammino è continuato prevalentemente in discesa, non meno faticosa della salita, e quanto basta per capire sulla propria pelle l’umana fragilità, confortati dal fatto che l’uomo è come una canna sbattuta dal vento, ma che sa pensare ed amare. Camminare è riportare l’uomo con i piedi per terra (M. Mariani); è andare avanti, pensando spesso all’indietro (R.T.); è aiuto a comprendere che La vita può essere capita solo all’indietro, ma va vissuta in avanti (S. Kierkegaard). Camminare è opportunità di recuperare il giusto ritmo della vita, perché abbiamo bisogno di allentare i ritmi talvolta ossessivi delle nostre giornate (Papa Wojtyla).
È stata una grande e bella avventura ( avventura è superare il proprio limite, rimanendo attaccati alla vita, altrimenti si tratta di ben altra cosa). Abbiamo raggiunto Cagli a 12 ore dalla partenza. Nell’impresa abbiamo fatto come l’arciere che deve mirare un po’ più in alto per colpire il bersaglio (Goethe), anzi, di più, perché il tutto si è concluso con il rito del passaggio attraverso la Porta Santa del duomo di Cagli, per iniziare un nuovo cammino. Effettivamente non siamo andati tanto in alto: vedevamo il Catria e l’Acuto e il Nerone al di sopra di noi, ma siamo sicuri di essere andati verso l’alto. Dopo di ciò una colazione abbondante, preparata dalle mamme di Cagli, ha segnato l’inizio del recupero delle forze, ed eravamo felicemente affaticati.
Rodolfo Tonelli