Pesaro e la cultura dello scarto
Chissà cosa direbbe oggi don Gianfranco Gaudiano in merito all’approvazione del registro per i testamenti biologici votata dal Consiglio comunale di Pesaro? Nessuno può saperlo, certo. Ma se è vero che sono cambiati i tempi e le persone, è altrettanto vero che la bussola della solidarietà è qualcosa che appartiene al Dna di tutti. Don Gaudiano ha dimostrato con i fatti che le persone affette da malattia psichiatrica grave meritano rispetto perché la dignità è data dalla vita stessa. Ha accolto i malati di Aids in fase terminale, creando per loro “Villa Moscati”. Persone vive ma considerate meno degne perché destinate a morire di lì a poco. Quanti funerali in quegli anni… ma quanta solidarietà nei loro confronti. Pesaro non li ha abbandonati perché la vita, anche se fragilissima, non è mai uno scarto. Con il biotestamento il Comune rischia di far passare l’idea che la vita può anche non essere degna di proseguire. E fa riflettere che siano soprattutto i più giovani consiglieri pesaresi ad aver voluto questa mozione.
Anche se il provvedimento non ha alcun valore giuridico e probabilmente non vedrà mai la sua reale applicazione, la sconfitta per la città appare evidente. Lo è rispetto al merito del tema trattato: votare per la sospensione delle cure vitali è paradossale (si badi bene l’accanimento terapeutico è già fuori legge in Italia), semmai un Comune dovrebbe fare di tutto per il diritto alla cura. Lo è rispetto al metodo: il Consiglio comunale ha votato su richiesta di una sola associazione locale ignorando la voce di oltre venti associazioni, laiche e cattoliche, impegnante ogni giorno accanto ai disabili anche gravi. (Ne rendiamo conto a pagina 7).
E lo strappo decisionale ha lacerato la città. La mozione ha avuto un largo consenso, è vero, ma ha finito per spaccare la stessa maggioranza e soprattutto ha creato una ferita in tante persone che su questi temi non meritano imposizioni ideologiche.
Serviva davvero tutto questo? Lo vedremo in futuro. Sta di fatto che, nella vicina Fano, dove il registro del biotestamento comunale è stato votato nel 2010, nessuno si è mai registrato. Appare evidente l’inutilità di questo provvedimento, volto solo a soddisfare il protagonismo di qualche politico nostrano e la battaglia culturale che la moda di questo nostro tempo vorrebbe imporre.