MOSCA – Quest’anno il pellegrinaggio diocesano ha avuto un obiettivo ben preciso, già ben presente nelle idee del promotore, l’arcivescovo Giovanni, al momento di decidere la meta della otto giorni estiva. Si voleva un viaggio che fosse altamente simbolico, con l’intenzione di raggiungere i santuari russi intesi come le mete dove era più vicina la “Casa del Signore”, quel posto dove si poteva trovare “Il Cielo”. Il nostro pellegrinaggio quindi è stato un atto simbolico: un viaggio simbolico verso Dio. Un viaggio intellettualmente stimolante, e in qualche aspetto emozionante, all’insegna della religiosità e dell’ecumenismo vissuto. Un’esperienza che, ritengo, ci ha lasciato un ricordo fruttuoso e duraturo. Oggi la fisionomia sociopolitica, economica e culturale della nuova Russia è assai lontana dalla famigerata “Cortina di ferro”; la Russia cristiana è diventata un traguardo raggiungibile. Molti autori da tempo mi avevano introdotto nella via “russa” dell’ortodossia, il mondo delle icone mi aveva da sempre affascinato ed alcune pagine di Dostoevskij le avevo profondamente presenti ma, finora, non avevo ancora avuto la possibilità di un contatto diretto con quel mondo suggestivo. E dentro questo orizzonte in chiaro-scuro, sono rimasto toccato dall’impegno dei cristiani delle diverse confessioni a ritrovare uno spazio di testimonianza attiva. Ho toccato con mano, assieme agli altri partecipanti, un processo di rinnovamento cristiano, in terra ortodossa, dopo l’incontro con mons. Pietro Scalvini, rettore del seminario di San Pietroburgo, e l’ho visto e sentito con la comunità cattolica moscovita, della quale abbiamo incontrato l’arcivescovo mons. Paolo Pezzi e visitato la cattedrale, per celebrarvi più volte la Messa (foto 4). Mons. Pezzi (nella foto 5 col nostro vescovo) ci ha dato preziosi elementi per la comprensione di ciò che accade oggi in Russia. Il nostro cammino o “pellegrinaggio” moscovita si è sviluppato come una profonda immersione negli usi della Chiesa ortodossa russa. La constatazione di non poter ancora vivere l’incontro con essa nella piena comunione ha caratterizzato tutta la nostra visita, ma tutti speriamo che sia colmata in breve tempo, questa separazione. Le istituzioni, per lo più monastiche, da noi visitate, hanno dato l’impressione che anche la Chiesa russa si muova con una certa sensibilità ecumenica. Ci potranno essere alcune, come da noi, sacche di resistenza a questa prospettiva dialogica, ma la realtà che abbiamo visitato ci ha dato una testimonianza davvero bella e un’accoglienza edificante. Toccante è stato il pellegrinaggio a San Sergio, sul luogo dove molti monaci ora cercano di ritornare alla concordia. Tra essi tanti cristiani come noi delle diverse confessioni. Ho apprezzato l’impegno vigoroso di una Chiesa che non si chiude nelle celebrazioni e che, a mio parere, si proietta anche nel sociale, per animarlo con i valori del Vangelo.
Emanuele Brancati