PESARO VERSO IL CONVEGNO DI FIRENZE
Essere radicati nella Chiesa locale con lo sguardo aperto al più ampio cammino di tutta la Chiesa: questa dimensione ha sempre caratterizzato l’azione pastorale dell’Arcivescovo di Pesaro Piero Coccia, il quale – dal Convegno diocesano di settembre agli incontri con le realtà parrocchiali e associative tenuti durante l’anno – ha focalizzato l’attenzione sul tema del Convegno Nazionale di Firenze (“In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”), diffondendo la “Traccia” inviata dal Comitato preparatorio (www.arcidiocesipesaro.it) e facendone strumento di riflessione e di approfondimento. L’iniziativa diocesana più recente, in vista di Firenze, è stata la Lettera che i sette delegati al Convegno hanno indirizzato ai membri del Consiglio Pastorale e della Consulta delle Aggregazioni laicali, invitandoli a preparare un intervento scritto in cui l’esperienza comunitaria e associativa di ciascuno fosse riletta e descritta a partire dal tema del Convegno stesso. Pubblicheremo settimanalmente i singoli contributi per far conoscere a tutti le esperienze e i differenti volti della nostra Chiesa.
A cura di Paola Campanini
IL CONTRIBUTO DELL’AZIONE CATTOLICA E IL METODO DELLA FORMAZIONE
Dire comunità è dire parrocchia
Nel suo ultimo intervento da presidente alla XV assemblea nazionale dell’Azione Cattolica, Franco Miano ha detto che la “scelta religiosa”, espressione che in qualche modo definisce la nostra associazione e che tradizionalmente viene tradotta come primato dello spirituale, sarebbe meglio che oggi fosse letta più come primato dell’incarnazione. Se vogliamo farci imitatori di Cristo, la strada è quella del “comprometterci” con la vita dell’altro, del farci prossimi e condividere le gioie e le speranze, come le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi…
Per l’Azione Cattolica dire comunità significa fondamentalmente dire parrocchia. Non perché dimentichiamo la dimensione diocesana, tutt’altro: né tanto meno quella della famiglia o quella associativa stessa. Ma la parrocchia è davvero il luogo in cui incontri, nella quotidianità del posto in cui vivi, la comunità ecclesiale, fratelli che non hai scelto tu, ma che Qualcuno ha scelto per te, con cui sperimentare il volersi bene al di fuori dei più immediati legami di sangue.
Se ci chiediamo se nelle nostre Chiese particolari si viva intensamente l’ascolto della Parola, la preghiera, l’Eucaristia, la testimonianza, o se si renda manifesta al mondo la nuova umanità in Cristo, è chiaro che ci vien da rispondere che è sempre troppo poco; soprattutto vivere la comunione alle volte sembra paradossalmente più difficile all’ombra dello stesso campanile che in qualunque altro contesto.
E al di là delle normali difficoltà di tradurre in vita comune quello che professiamo, ci sono altre questioni che toccano le comunità parrocchiali. I cambiamenti epocali che stiamo vivendo non hanno come conseguenza solo la diminuzione delle vocazioni sacerdotali, che già costringono a riorganizzazioni territoriali e operative; ma anche profonde variazioni nei modi e nei luoghi del nostro vivere. Ad esempio, nel mono in cui la Chiesa ha cominciato a strutturarsi nel territorio, non era usuale vivere in un posto, lavorare in un altro, magari un’altra città, avere i figli che studiano in luoghi ancora diversi: ”abitare vicino”, che etimologicamente dice parrocchia, è un concetto che probabilmente oggi va anche un po’ ripensato. Probabilmente dobbiamo anche avere il coraggio di sperimentare nuove formule per consentire alla parrocchia di essere al meglio fonte di cura pastorale… Questa dimensione “orizzontale” dell’attività della Chiesa particolare fa da contraltare all’impostazione, obbligatoriamente “verticale”, di tutte quelle iniziative volte ad aumentare l’intensità e la qualità di questo o quell’aspetto della vita di fede. La cosa è piuttosto evidente nella cura della liturgia. Sempre più ci si imbatte in esperienze di approfondimento degli aspetti liturgici, dalla semplice nascita di gruppi organizzati di chierichetti al rinnovato interesse per la figura dell’accolito, per non parlare dell’animazione musicale; ma tutto questo deve essere strumento perché la forma liturgica diventi espressione della comunità intera.
Gli aderenti di Azione Cattolica hanno nelle parrocchie il luogo naturale dove vivere l’esperienza di fede, mescolando la vita di queste con quella più propriamente associativa. In particolare, l’attività che probabilmente ha più a cuore è quella formativa. Una formazione per tutte le età, ma particolarmente per i ragazzi e i giovani. La lunga esperienza in queste pratiche e la produzione di guide e materiali didattici, sempre insieme agli uffici competenti della Conferenza Episcopale Italiana e a volte anche in collaborazione con altre associazioni, sono messi a disposizione dell’opera educativa della Chiesa, con un metodo che tende non solo a far crescere i più piccoli, ma anche a chiedere ai più grandi di farsi carico dei loro fratelli minori, collaborando con gli educatori adulti. Non si tratta di affidare ad un giovanissimo l’educazione di qualcuno di pochi anni più piccolo di lui; ma di mostrare ai più piccoli una continuità della crescita nella fede, con l’esempio di un fratello maggiore; e di far sperimentare, anche ai più giovani, la bellezza e la ricchezza del dedicarsi alla cura degli altri, in questo caso una cura formativa, nello spirito della corresponsabilità e in quell’ottica dell’intrecciare la propria vita con quella dei fratelli.
Quello dell’educazione, in particolare dei giovani, è, in ogni caso, il campo in cui sarebbe più auspicabile una convergenza di tutte le esperienze educative di cui la Chiesa è ricca, per trovare il modo di riuscire a raggiungere tutti con la proposta giusta per ciascuno.
Azione Cattolica Pesaro