URBINO – La vitalità di Urbino. Una città straordinaria. Una città dell’anima come la definì Carlo Bo. Un Rettore che avrebbe trovato posto nello studiolo del Duca. L’evento straordinario di questo 2015. Il ritorno dei 14 dipinti dello studiolo di Federico, usciti dal Palazzo Ducale urbinate nel 1633 e finiti poi, nel 1863 con Napoleone III, al Louvre che li custodisce in una stanza, tutta per loro, tra le più prestigiose del Museo. Riportarli in Urbino, sia pure per il tempo limitato di una mostra, è stata sempre una cosa impensabile. Da Parigi a Urbino. Una differenza abissale per geografia e numero di abitanti. Ma di pari dignità culturale. E su questo presupposto che la Soprintendente Maria Rosaria Valazzi e la sua équipe hanno scommesso e costruito il progetto scientifico, supportato dalla Regione Marche, dal Comune di Urbino, dall’Imprenditoria territoriale, dall’Università degli Studi, per poter giustificare la richiesta del loro ritorno nella sede naturale. La Direzione e lo staff del Louvre hanno approvato subito il progetto che non era finalizzato alla sola mostra. Ma prevedeva il ri-studio dei dipinti, con il supporto della tecnologia corrente, per l’analisi dei materiali utilizzati: in origine dagli autori, quelli successivi di conservazione o di restauro e quelli documentari per comprendere la personalità del condottiero urbinate, la sua cultura e la sua fede. Inserite nel clima artistico, scientifico, culturale e religioso del suo tempo, dove la pittura era il mezzo più diffuso usato per la sua capacità divulgativa, come ebbe a dire Maurizio Cecconi, amministratore delegato della società “Villaggio Globale” che ha concretizzato l’evento. I 14 uomini illustri rimpatriati rispondono al nome di Dante Alighieri. San Girolamo, Sant’Agostino, San Tommaso d’Aquino, Papa Sisto IV, Bessarione, Platone, Pietro d’Abano, Tolomeo, Aristotele, Seneca, Virgilio, Solone, Vittorino da Feltre. Quelli rimasti al loro posto sono Boezio, San Gregorio, sant’Ambrogio, Cicerone, Omero, Mosé, Salomone, Duns Scoto, Euclide, Bartolo da Sassoferrato, Pio II, Alberto Magno, Ippocrate e Francesco Petrarca. Seguendo quei maestri, nell’intimità del suo studiolo, Federico diventa il più grande artefice delle politiche dell’equilibrio tra gli Stati rinascimentali, il difensore e promotore della cultura laica di fronte o meglio di fianco all’invadenza del clericalismo, retaggio della grande stagione artistico-culturale medievale.
All’inaugurazione, la folla delle grandi occasioni. Tanto che il Sindaco Gambini, emozionato, si è detto di essere un uomo fortunato per la coincidenza di questo grande Ritorno con il suo mandato da Sindaco. E l’assessore regionale Marcolini la riteneva una missione impossibile. Ma la bontà del progetto lo ha spinto a scommetterci. Uno stupore espresso anche dallo scrittore e critico Carlo Bertelli che aggiungeva, alla perfezione del progetto scientifico, il suo lato intimistico: il ricongiungimento, dopo quasi 400 anni, degli uomini illustri nel luogo del loro concepimento, in una cornice architettonica unica al mondo. Nel Palazzo di Federico da Montefeltro che papa Clemente XI, nell’accogliere Giacomo III Stuart “legittimo” Re d’Inghilterra, dichiarò essere sede degna per un Re, l’unica esistente in tutto lo Stato Pontificio.
Sergio Pretelli