IL DATO DA UNO STUDIO DELLO SCIENZIATO PESARESE MATILDE LEONARDI
Il Comune di Pesaro è carente
sulla presa in carico dei pazienti
con disturbi di coscienza
In merito al registro comunale sul testamento biologico a Pesaro interviene anche Matilde Leonardi, medico neurologo e scienziato tra i più importanti d’Italia. Ricercatrice dell’Istituto neurologico“Besta” di Milano, la Leonardi, pesarese di nascita, si occupa da anni di disabilità, salute pubblica, neurologia e politiche socio-sanitarie in Italia e all’estero (vedi pagina 12 del Nuovo Amico) ed è direttore scientifico del Centro ricerche sul Coma del Besta. Esattamente un mese fa (il 9 febbraio a Roma) ha presentato i risultati del “Progetto nazionale CCM Incarico”, commissionato dal Ministero della Salute e coordinato proprio dal medico pesarese. Per la prima volta in Italia è stata analizzata l’effettiva capacità di ogni regione di farsi carico del paziente in stato vegetativo e di minima coscienza, rispondendo alle direttive del Ministero della Salute del 2011.
Dottoressa la sua è di certo la voce più autorevole in merito al dibattito sul testamento biologico. Come reputa l’iniziativa che il Comune di Pesaro sta pensando di votare?
In assenza di una legislazione nazionale è soltanto un atto simbolico, senza reale valore giuridico. Mi chiedo perché le Dat (dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario) a Pesaro? Prima di promuovere il rifiuto dei trattamenti bisognerebbe ampliare l’offerta socio-sanitaria. Le Marche, e Pesaro in particolare, sono agli ultimi posti nella cura e presa in carico di pazienti con disturbi della coscienza. È quanto emerge dallo studio “Incarico” che ho coordinato per conto del Ministero della Salute.
Quindi per Pesaro parlare di Dat è prematuro?
Decisamente sì. Il Comune sta dando ai suoi cittadini supporto, servizi, ausili etc.. per le persone con disturbi della coscienza? Dagli studi che ho condotto in tutta Italia risulta che Pesaro sia assolutamente deficitaria sotto questo profilo. Se un pesarese domani dovesse trovarsi in uno stato vegetativo o di minima coscienza quale supporto avrebbe dal suo Comune? Praticamente nessuno.
Ma se una persona non avesse più la facoltà di decidere per la sospensione delle cure?
La sospensione ha senso soltanto quando l’intervento è sproporzionato e inefficace. Dobbiamo essere realisti. Quando in pronto soccorso si inizia un atto rianimatorio in seguito ad un ictus, ad esempio, nessun medico può sapere prima come potrà rispondere il paziente. Nella stragrande maggioranza dei casi assistiamo ad un recupero, ma c’è una piccola percentuale di persone che purtroppo non si riprende e può restare in stato vegetativo o di minima coscienza. In questi casi le Dat servirebbero? Va poi detto con chiarezza che lo stato vegetativo non è un fine vita, ma una condizione clinica di cui ancora non abbiamo piena conoscenza e che, seppure raramente, ci sono risvegli.
Eppure sembra proprio che queste Dat a Pesaro siano una priorità
Mi risulta che a Pesaro esista una sola struttura riabilitativa post acuta (Galantara ndr) e neppure una idonea per una lungo degenza (per le persone con disordini della coscienza o qualunque altra situazione che richieda una lungodegenza). E la popolazione di 100mila abitanti è sempre più anziana ed andrà incontro a sviluppare sempre più problematiche che richiedono supporti socio-sanitari del genere. Per quel che riguarda la mia esperienza e le mie ricerche, ad oggi i pesaresi sono costretti a lasciare Pesaro e le Marche per poter far curare i propri familiari con disordini della coscienza e una volta rientrati a casa sono spesso lasciati soli. Quando a Pesaro il Comune potrà garantire una adeguata cura e presa in carico di tutte le persone non autosufficienti, inclusi quindi anche questi specifici disturbi, e un percorso idoneo per le famiglie, allora, e solo allora, si potrà parlare di Dat.
A cura di Roberto Mazzoli