È proprio nella liturgia dei sette Sacramenti che la comunità ecclesiale cresce nella sua pienezza. Sono essi infatti che comunicano e trasmettono una memoria legata ai modi e ai tempi della vita associata in tutti i sensi: in essi la persona è coinvolta in quanto soggetto vivo in un tessuto di relazioni comunitarie. Tutto ciò conferma che “la fede ha una struttura sacramentale” (Lumen fidei n. 40) di conseguenza anche la Chiesa è strutturata sacramentalmente.
Le conseguenze di questa affermazione, non affatto nuova, ma sorprendentemente attuale da intimidire certe abitudini di pensiero, perfino le tesi socio-politiche considerate d’avanguardia. Mi riferisco in particolare per quanto riguarda il rapporto, ritenuto indebitamente conflittuale, fra religione, fede e politica. Il profetismo di Papa Francesco, espresso con poche parole, ma molti gesti, fa capire che anche la Chiesa, “semper reformanda”, abbia bisogno (non come istituzione) di spogliarsi di alcune sovrastrutture che non le appartengono e che impediscono di dare quella ‘luce’ che si porta dentro fin dalle sue origini.
Si tratta di strutture raccolte sapientemente lungo i secoli per supplenze necessarie, per emergenze a volte estreme, per un processo di inculturazione pastorale, ante litteram, oggi sorpassate e diventate, in un certo senso dannose, se non inique. Si aggiunga che anche nella Chiesa, purtroppo, esiste il peccato, a causa della fragilità umana per la quale anche il “sale che dà sapore” può diventare insipido. Così lontani, mezzo secolo, dal Concilio Vaticano II che fa apparire nuova la definizione di Chiesa popolo di Dio gerarchicamente ordinato, come si potrà commentare e comprendere davvero “Chiesa popolo di Dio sacramentalmente ordinato”? È la Chiesa sacramento che distribuisce, a cominciare dal Battesimo fino all’Ordine Sacro, ministeri, magisteri, sacerdozi, compiti, con l’esclusivo senso del servizio. Termini questi che poco hanno a che fare con la società politica ma, nel medesimo tempo contribuisce a trovare nuovi parametri di collaborazione e dialogo.
Meno ideologia e più temporalità da una parte, meno temporalità e più spiritualità dall’altra. Molta intelligenza e comprensione nelle questioni comuni, giacché lo scopo unico resta sempre e comunque la promozione umana. La salvezza della fede si riferisce anche alla città (Lumen fidei n.55). Rivela quanto possano essere saldi i vincoli fra gli uomini riguardo la giustizia, il diritto e la pace. Fa comprendere l’architettura dei rapporti umani, perché ne coglie il fondamento ultimo e illumina l’arte dell’edificazione sociale, in modo che cammini verso un futuro di speranza riconoscendo che l’autorità viene da Dio per essere al servizio del bene comune.
Raffaele Mazzoli