L’annuale celebrazione della solennità di San Terenzio, vescovo, martire e patrono della città e dell’Arcidiocesi di Pesaro, ci offre l’occasione per una puntuale riflessione, che diventa forte sollecitazione per la nostra chiesa locale e per quanti vorranno accoglierla. Una chiesa che sarà particolarmente impegnata per il Nuovo Anno Pastorale, su indicazione di Benedetto XVI, a cogliere l’essenziale dell’esperienza della fede. Ancora, una chiesa che si prepara a celebrare il 2° Convegno Regionale delle Chiese Marchigiane individuandone le priorità. Da ultimo una chiesa, come il Convegno diocesano ci indica, che punta ad una fede adulta ed ad una fede da proporre o riproporre agli adulti.
Una comunità cristiana, non è mai eterea, astratta, immaginata, ma viva, concreta, incarnata in un territorio e dentro la sua storia segnata dai dinamismi della continuità e dell’attualità.
In questo processo di incarnazione la vita della nostra comunità, senza mai perdere la propria identità, anzi grazie a questa, si intreccia in rapporto fecondo con la vita del nostro territorio colto in tutta la sua realtà esistenziale, culturale, politica, economica e sociale.
Dentro questo intreccio, la chiesa di Pesaro sente di poter e dover dare il proprio contributo originale per la crescita della comunità pesarese globalmente intesa.
Ma tale apporto è possibile nella misura in cui la nostra chiesa locale vive la fede nel Mistero del Cristo e realizza la sua missione senza pretese egemoniche, senza omologazioni e senza strumentalizzazioni varie. A questo riguardo la figura e l’opera di San Terenzio rimane modello esemplare a cui ispirarci.
L’esortazione di Papa Benedetto
Partiamo da una presa di coscienza in merito a quanto il Papa ci dice nella sua lettera apostolica “La Porta della Fede”: “La fede si trova oggi ad essere sottoposta più che nel passato ad una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità” (n. 12). Ma il Papa aggiunge anche che per la comunità cristiana “sarà decisivo nel corso di questo Anno ripercorrere la storia della nostra fede…per provocare in ognuno una sincera e permanente opera di conversione… tenendo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12, 2). (n. 13).
In ultima analisi tutti siamo pro-vocati dalle parole del Papa per vivere un cammino che ci porti a forme sempre più compiute di fede adulta e radicata nel Mistero del Cristo.
Ma cosa comporta l’esperienza della fede cristiana e per di più della fede cristiana adulta?
Rispondo: vivere nella nostra vita il Mistero di Gesù Cristo nella ricerca, nella certezza dell’incontro, nel desiderio dell’ulteriorità e nella gioia della testimonianza.
L’esperienza dell’incontro
Se la fede cristiana si configura come incontro profondo con la persona di Gesù Cristo, come Benedetto XVI più volte ci ha ricordato nel suo illuminante magistero, ne consegue che tale incontro deve essere da noi tutti costantemente ricercato.
L’esperienza dell’incontro non è mai un dato automatico. L’incontro parte dalla consapevolezza che la nostra condizione esistenziale, colta in tutti i suoi interrogativi, chiede una risposta piena per vivere una vita buona e soddisfacente. La persona nella sua profondità è e rimane un mistero, nonostante i risultati della scienza, della tecno-scienza, di una prassi politica accettabile, di un sistema economico e sociale soddisfacente ed altro ancora.
Abbiamo una struttura antropologica fatta di tensione continua che ci spinge verso l’Infinito. Se è vero che certi livelli di bisogno possono essere anche soddisfatti, è altrettanto vero che nel profondo abbiamo il desiderio, la necessità dell’«Altro». Il puramente umano non ci basta, poiché non è in grado di saziare la nostra fame. I grandi problemi esistenziali, compresi quelli della ricerca di senso, del dolore, della morte e del destino ultimo, chiedono un orizzonte diverso. Una fede adulta dunque fa della ricerca una costante; fa del mistero dell’uomo, colto in tutta la sua problematicità e complessità, il punto di partenza per scrutare ben altri orizzonti; fa della domanda interiore la base di avvio per un cammino di ricerca sistematica ed appassionata.
Una fede adulta dunque ha bisogno di una lettura sincera di noi stessi, senza illusioni, senza incantesimi, senza suggestioni, senza mascheramenti e contraffazioni. La nostra umanità è quella che è ed è sempre dibattuta tra reale e ideale, tra dato immanente e desiderio trascendente, tra corporeità e spiritualità. Siamo mistero a noi stessi. Ma questo mistero chiede di essere colto, decifrato e risolto.
La Parola che cambia la vita
Il mistero dell’uomo ha bisogno non solo di cercare ma anche di incontrare il Mistero del Cristo per riconoscerlo come l’unica esperienza in grado di soddisfare tutto l’uomo ed ogni uomo. Non basta ricercare, occorre incontrare la Verità. Non è sufficiente dunque coglierci come mistero, necessitiamo di immergerci nel Mistero del Cristo riconoscendo nella sua persona il Signore, vale a dire colui che domina tutta la realtà, perché a questa è in grado di dare fondamento, significato e prospettiva ultima.
Non dimentichiamo che la parola in-contro deriva da due termini. “In” indica la condizione umana e “contra” indica il Mistero del Cristo, cioè del Dio che si fa uomo e ci raggiunge rendendosi accessibile, per immetterci nella pienezza della vita che è quella della comunione Trinitaria.
La nostra fede non solo non è astratta, ma si concretizza nel rapporto con Gesù Cristo fattibile anche oggi, dopo duemila anni di storia.
Infatti anche oggi siamo raggiunti dalla parola di Gesù che la chiesa, colta nella sua successione apostolica, ci dona continuamente, assumendo i tratti della contemporaneità. Anche oggi siamo messi nella condizione di sperimentare la presenza corporea di Gesù che la chiesa, attraverso la liturgia, ci rende costantemente attuale e reale. Anche oggi siamo colpiti dalla testimonianza di una chiesa fatta di apostoli, di santi, di martiri, di padri nella fede e della fede che sta ad attestarci che l’incontro con il Mistero del Cristo non solo è possibile, ma cambia anche la vita. La fede nel Signore infatti non sfiora la vita e nemmeno l’abbellisce soltanto, ma la cambia, la trasforma, la modifica in quella logica che l’incontro di per sé realizza, se vissuto coscientemente.
Inoltrati nel Mistero
Ma la fede vissuta come esperienza di incontro con il Signore non raggiunge mai il tetto del compimento, la soglia ultima e definitiva.
L’esperienza della fede è possibile solo e dentro la dimensione dell’incessante ulteriorità. Del resto il Signore ci eccede e ci precede, per cui a nessuno di noi è dato, durante il percorso umano, di poter essere pienamente soddisfatto e quindi di poter tirare i remi in barca e vivere di rendita in merito alla fede.
Il Mistero del Cristo, per quanto credenti, non lo potremo mai possedere nella sua totalità sia perché ci supera costantemente sia perché, come diceva Sant’Agostino, è Lui a possedere noi e non noi a possedere Lui. E’ questo il punto nevralgico della fede.
Nel cammino della fede non si è mai degli arrivati, non c’è mai un traguardo che ci autorizza a riposarci. Se la fede è esperienza dell’incontro con il Mistero del Cristo Signore, su tutti noi incombe la necessità di lasciarci prendere ed avvolgere da questa realtà. Ecco perché l’incontro diventa anche compito di approfondire e vivere sempre più intensamente il Mistero, con tutte le implicanze che ne derivano.
Il dinamismo dell’ulteriorità va sempre a configurare una fede adulta.
Testimonianza e comunicazione
E’ un dato di fatto incontestabile che più sperimentiamo la fede a livello personale e comunitario, più sentiamo in noi l’esigenza di comunicarla attraverso la testimonianza.
E’ questa una conseguenzialità che diventa responsabilità da cui non possiamo esimerci. Nel trasmettere la fede non possiamo mai portare a scusante le difficoltà, anche quelle che oggi incontriamo a livello culturale complessivamente inteso. Va da sé che quanto più sperimentiamo la decisività del Mistero del Cristo per il nostro vivere, quanto più ne cogliamo la convenienza per dare significato alla nostra esistenza, tanto più avvertiamo l’esigenza di comunicare questo Mistero che cogliamo come vero ed unico patrimonio. Rendiamoci conto che il problema della comunicazione della fede non riguarda tanto le tecniche, le forme, i metodi, il linguaggio, le strategie, quanto piuttosto l’esperienza più o meno profonda che noi facciamo del Cristo nella nostra vita e della nostra vita in Cristo. E’ qui il vero nocciolo della questione generativa prima ed educativa poi della fede. Non altrove.
Una testimonianza incisiva ci è richiesta, tra l’altro, dalle sfide inedite che ci sono poste dall’attuale contesto culturale, compreso quello di Pesaro, in merito alle grandi questioni del nostro tempo come quelle relative alla vita, alla sessualità, al matrimonio, alla giustizia e alla politica. Non possiamo né dobbiamo rimanere muti, mortificando la luce e la forza del Vangelo o riducendo questo a semplice religione civile.
Nel contempo togliamoci di dosso sia la sindrome del pessimismo rinunciatario che può portarci all’immobilismo fatalista, come anche quella della costante ricerca del capro espiatorio su cui far convergere responsabilità che invece ci appartengono.
Alziamo lo sguardo al futuro ed intraprendiamo, dentro le coordinate della continuità e della ulteriorità, il nostro cammino di comunità che, facendo l’esperienza di una fede adulta, incontra, approfondisce e testimonia il Mistero del Cristo in cui si compie il mistero dell’uomo. A questo riguardo S. Terenzio è e rimane figura luminosa da amare e da seguire.
+ Piero Coccia – Arcivescovo Metropolita di Pesaro