URBINO. Non per loro richiesta, ma per intuizione della regista Liliana Cavani le clarisse di Urbino hanno avuto un posto di protagoniste al Festival del Cinema di Venezia. La regista lo scorso anno aveva fatto visita alle clarisse di Urbino e dal colloquio avuto, era rimasta impressionata dalla modernità della loro apertura intellettuale.
Quando è stata chiamata a fare un intervento sulla donna e la Chiesa al convegno della CEI, lei lo ha fatto come regista e nella settimana prima di Natale si è recata nel monastero di Urbino. Di fronte alle telecamere ha fatto parlare per ventidue minuti le monache sulla fede, il francescanesimo, il loro ruolo nel mondo e il loro rapporto con la Chiesa. La Cavani ha posto domande precise, non concordate preventivamente e senza prove per non perdere la freschezza dell’improvvisazione e ne ha ottenuto delle risposte date col sorriso, la semplicità il candore e la pacatezza che hanno suscitato il plauso dei partecipanti al festival e l’interesse dei media.
Alla domanda della Cavani, che cosa farebbe un Gesù contemporaneo, la risposta è stata che accoglierebbe la donna come l’ha accolta duemila anni fa, non avrebbe paura delle donne. provocherebbe un’apertura e aprirebbe molti schemi nella Chiesa e nella società. Le clarisse hanno poi precisato che oggi è raro sentire la parità con un sacerdote e che loro non sono lì solo per ricevere, ma anche per dare, perché nell’accoglienza c’è un dono. Anche S. Francesco accoglieva la donna col principio di parità.
Alla domanda sulla importanza della preghiera nel mondo moderno, hanno risposto che la preghiera è un’arma debole, molto fragile, ma nello stesso tempo potente e che loro credono molto nella loro missione.
Hanno puntualizzato infine che non c’è distinzione tra il Gesù Risorto e il Crocifisso, l’uno non è separato dall’altro. E se alla Chiesa viene rimproverato di essere triste, di mettere sempre avanti l’immagine della Croce, loro dicono che Gesù è già risorto e che la vita non può finire qui..
Il film documentario è stato presentato fuori concorso al Festival di Venezia.
Al termine la Cavani ha precisato che voleva capire cosa c’era dentro una comunità di clarisse nate ai tempi di Francesco e di Chiara nel 1212 ed ha confessato che è rimasta colpita dall’intelligenza semplice delle risposte, ma profonde, così profonde e chiare ed ha aggiunto che anche i suoi collaboratori sono stati coinvolti con emozione dentro quelle vite avventurose.
Alberto Calavalle
Iscriviti alla Newsletter
Ricevi le ultime notizie creative da Il Nuovo Amico.