Di catechesi se ne è parlato sempre e molto. C’è un Direttorio generale (1997) e Documenti episcopali infine l’Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” di papa Francesco. Mi ricollego al mio ultimo editoriale riaffermando l’urgente attualità del Primo Annuncio. Rinchiuderlo nel prezioso ambito della predicazione apostolica è una grave distrazione. Lo rileva anche papa Francesco: “Abbiamo riscoperto che anche nella catechesi ha un ruolo fondamentale il Primo Annuncio o ‘Kerygma’ che deve occupare il centro della attività evangelizzatrice e di ogni intento di rinnovamento ecclesiale”.
Non è il primo in senso di tempo e sostituibile da altre forme innovative. È il primo in senso qualitativo, perché è l’annuncio principale, quello al quale si deve sempre tornare. Anche chi è dentro la Chiesa ha bisogno di tornare per crescere nella coscienza della sua permanente esigenza di essere evangelizzato. Questo che sto per affrontare è uno scoglio da superare. Sembra ma non è cosa da poco. Nel Credo, simbolo apostolico celebriamo, enumeriamo e spieghiamo le verità, lasciandoci sfuggire la parola definitiva. È Lui la Parola, il Verbo che rivolge come dono una domanda personale e chiede una personale risposta, libera e consapevole, capace di costituire un popolo. È il dono della Fede che raggiunge ogni creatura umana, in modo misterioso ma reale. è la Luce che illumina perciò prima la Fede poi il Simbolo come dire prima la Fede poi le Verità. Conviene ricordarlo per non cadere in un razionalismo religioso o nel tranello “capire per credere”. Introdursi nei simboli lasciando ai margini la Fede è un volo verso il dubbio e l’incredulità. Marta è maestra in questo caso. Gesù le rivela la grande verità della resurrezione e le dice “Credi tu” ed Ella rispose “Si, o Signore, io credo che tu sei il Figlio di Dio …” (Gv 11,25). Così una semplice casalinga si fa maestra di coloro che sanno.
Prima la Fede poi il Simbolo. Non è un dono occasionale ma un dono che va ad interferire sull’origine stessa della Fede. La gioia dell’Annuncio del Vangelo non può prescindere oggi dall’uso degli strumenti della comunicazione sociale. Essi sono risorse meravigliose e sono anche un problema. L’Esortazione apostolica di papa Francesco non contiene una parte specifica sui mezzi della comunicazione sociale ma i richiami nel testo sono comunque frequenti e soprattutto vanno individuati nello stretto legame tra strumenti dell’informazione e la loro influenza sulla cultura odierna. Il Papa evidenza spesso rischi e potenzialità. Da una parte la “globalizzazione dell’indifferenza”, perché vedere e agire – dice – troppo spesso sono separati. «Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo modo, le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti». In altre parole, la solidarietà nasce dalla gioia dell’evangelizzazione.
Raffaele Mazzoli