Venerdì scorso all’Oratorio della Grotta accanto alla Cattedrale di Urbino, il Prof. Paolo Benanti ha trattato il tema dell’intelligenza artificiale in una sala gremita. L’incontro è stato organizzato dall’Arcidiocesi, dall’Università degli Studi di Urbino e dal Centro Culturale “E. Mounier”.
Dopo i saluti dell’Assessore Roberto Cioppi, dell’arcivescovo mons. Sandro Salvucci e del Magnifico Rettore Giorgio Calcagnini, il relatore, sollecitato dal moderatore, ha esposto la storia della nascita dell’AI mettendo in evidenza come essa sia il frutto della intersezione di diverse discipline di ricerca: dalle informazioni a distanza, alle reti neurali, alla cibernetica, alla matematica e al linguaggio. Essa nasce in campo militare e poi passa ad un utilizzo anche civile, partendo da Claude Shannon arrivando al 1957 quando Jhon McCarty attribuì in un convegno di studiosi il termine di “intelligenza artificiale” ad un sistema che controllava la macchina. Essa trova una forte crescita nel 2009/2010 con lo sviluppo della capacità computazionale dei computers. Oggi si parla di macchine intelligenti, ossia macchine che grazie ad algoritmi ed enormi quantità di dati riescono a realizzare determinati fini decisi dall’uomo. Un esempio di questo è il navigatore nell’auto che, per suggerire il percorso migliore per raggiungere un indirizzo, considera in modo efficiente l’insieme di possibili tragitti e suggerisce quello migliore.
Un altro campo di utilizzo virtuoso di queste macchine è la medicina. Il relatore ha affermato che “esse riescono a leggere una tac, una radiografia o una mammografia in maniera molto più accurata di quello che può fare un medico e riescono a trovare una piccola anomalia in un insieme di punti e possono individuare qualcosa di anomalo almeno tre anni prima del verificarsi della malattia”. A seconda della programmazione della macchina, queste possibilità potrebbero essere date ad alcuni e non ad altri, sia per un problema di costo, sia per un problema di elementi programmatici quali la razza, la provenienza, l’età ecc. Occorre l’algoretica e un’alleanza internazionale in modo da indirizzare le macchine verso un utilizzo etico della tecnologia a beneficio di tutti. Tuttavia il maggior pericolo dell’intelligenza artificiale, ha concluso Benanti, rimane quello della stupidità naturale dell’uomo per cui occorre recuperare una Sapienza che sappia connettere i diversi saperi per difendere, anche nella tecnologia, la dignità di ogni uomo.
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Si può utilizzare l intelligenza artificiale per fare soldi?