Grande partecipazione di pellegrini, provenienti da varie località d’Italia, ai quali si sono uniti molti fedeli di Urbino, per partecipare alla solenne celebrazione, che si è svolta all’interno del Santuario, nella ricorrenza della festa del Sacro Cuore.
Vedere il Santuario di Ca’ Staccolo così gremito in ogni ordine di posti e notare la magica atmosfera, nella ricorrenza della festa del Sacro Cuore di Gesù, ha certamente donato una carezza al cuore dei presenti e richiamato il desiderio di Gesù di volersi chinare su di noi, per infiammarci del Suo Amore. Grande commozione e stupore nei volti dei tanti pellegrini, amici di don Elia, provenienti dalla Lombardia, dall’Emilia Romagna e dalle Marche, cui si sono uniti molti urbinati e qualche turista per partecipare, alla solenne celebrazione. Una ricorrenza che trae origine dal servo di Dio, don Elia Bellebono che oltre mezzo secolo fa, venne esortato dal Signore, a costruire una chiesa, dedicata al Suo Cuore Sacratissimo, per poi nel 1973 indicargli come luogo, la città di Urbino.
Lavori. Come già accaduto lo scorso anno, grande è stata la soddisfazione tra i partecipanti, nel vedere l’ordinata disposizione degli arredi, con l’aggiunta all’entrata, della statua del Sacro Cuore, nonché la sistemazione esterna delle aree verdi e dei parcheggi. Pertanto la struttura esteriore è pronta, ma se ci fermassimo qui, tutto sarebbe vano: ora necessita la parte più importante, ovvero la nostra conversione, per fare in modo che il Sacro Cuore possa parlarci delle emozioni di Dio.
Mons. Salvucci. «Com’è il nostro cuore?», ha chiesto l’Arcivescovo all’inizio dell’Omelia. «Spesso viviamo con il cuore a pezzi per prove e sofferenze morali e materiali, talvolta provocate da altri, e questo ci porta a chiuderci nel dolore, nell’ira, nell’indifferenza o nella rassegnazione, con il rischio di fare esperienze di divisioni, inimicizie, violenze, guerre. In queste circostanze, come è accaduto a Caino, il male si accovaccia vicino al cuore di ciascuno di noi, dando spazio al nostro avversario, ossia il demonio, di fare festa. Chi ci salverà? Abbiamo bisogno dello specialista o del trapianto? Gesù ci porta il battito dello Spirito e così infiamma il nostro cuore del Suo amore. Lasciamo che ci tocchi e trasformi il nostro cuore di pietra, incurante di chi ci sta accanto o peggio ancora in aperto contrasto, in un cuore di carne». E seguita un’altra domanda: «il nostro cuore è simile a quello di Gesù, oppure è indurito e sclerotizzato? Dio è amore e dona salvezza, per questo siamo chiamati ad accogliere il Suo amore e donarlo agli altri. Il frutto dell’incontro con il Signore produrrà un torrente di amore che raggiungerà e conforterà i nostri familiari, i nostri condomini, i colleghi di studio o di lavoro, i piccoli e i grandi».
Casa di Spiritualità. Al termine, il Presidente della Fondazione, Giuseppe Cucco, ha sottolineato che ora manca una Casa di spiritualità. Don Elia infatti, nei suoi scritti, racconta che: «trovandomi nella Chiesa di Montegiove il 1 ottobre 1982 Gesù mi apparve come al solito e mi disse: “Desidero che oltre al Santuario ci sia anche una Casa di Spiritualità perché ci sono tanti universitari che ne hanno bisogno. Sono come pecore senza Pastore”. E che siano i Gesuiti a prendere in mano tutto».
Veglia. I giovani della Fuci e della Parrocchia universitaria, nella vigilia della Solennità, hanno organizzato una veglia sul tema dell’amore e della carità. “Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. Dio ha mandato il Suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per Lui (Gv 4,7-10). Il coro della parrocchia Santuario ha animato la solenne festività con canti e musiche.