«È molto carino come le persone possano agliutare gli altri più in difficoltà. Grazie psicologa». Non è una frase presa dal libro “Io speriamo che me la cavo”, ma quella che ho trovato scritta con tanto di firma nella lavagna della stanza delle riunioni del Consultorio “La Famiglia” promosso dalla nostra diocesi.
A dire la verità, lunedì sera, appena entrato nella stanza mi sono avvicinato alla lavagna arrabbiato perché la frase era scritta con un pennarello indelebile e quindi non potevo cancellarla. Ma quado, da vicino, sono riuscito a leggerla ho cambiato atteggiamento e avrei voluto abbracciare l’autore.
Lavorare insieme. Non tutti nella nostra diocesi conoscono o apprezzano il lavoro di ascolto che in questi anni stiamo vivendo insieme a una trentina di volontari fra queste mura. Come vorrei che le mura delle stanze del Consultorio parlassero e urlassero alle città quanta fragilità non ascoltata, quanta violenza, quanta fatica e dolore, riuscendo a sfondare un muro di indifferenza in particolare nei riguardi dei giovani e delle donne!
Ma svegliamoci dal sonno e cominciamo al di là di contrapposizioni ideologiche, di partito, di genere, a lavorare insieme mettendo al centro la persona e prendendoci cura della sua umanità.
Volano di ascolto. Come vorrei che il nostro consultorio sia un volano di ascolto capace di contagiare ogni luogo di aggregazione, ogni famiglia, ogni scuola.
In un tempo in cui si gioca con le parole, fino al punto di renderle tranquillamente asservite al potere di chi le pronuncia, vorrei rimettere al centro l’esperienza di Gesù che, come ci dice il vangelo di Matteo: «scacciava i demoni con la parola» (Mt 8,16). Mi hanno molto colpito in questi giorni le parole che le amiche di Julia Ituma hanno scritto davanti al mistero della sua morte: «Viviamo in un mondo fatto di persone che si convincono a dover essere forti, un mondo dove le debolezze non sono accettate, MAI, ed essere fragili è quasi una vergogna. Un mondo che ti spinge a rialzarti ancor prima di cadere, in cui chiunque ti invita a chiedere aiuto, ma poi nessuno ha realmente orecchie per ascoltare».
Accompagnare. Un mondo di adulti (politici, imprenditori, preti, professori, professionisti, operai, atleti, professionisti della cura…) incapaci di ascoltare veramente, non solo idealmente e di «agliutare gli altri».
Questa gratuita capacità di stare al fianco, di condividere, di accompagnare, al di fuori dei ruoli ci manca; o meglio manca il farlo insieme perché ogni giorno, e questa speranza è certa, in tanti desideriamo un mondo in cui la fragilità non sia una vergogna ma una grande opportunità perché tutti possano diventare più umani.
È proprio vero che la vita richiede un atto di scrittura, una presa di coscienza, un sapere, un riconoscere, come quello di chi ha scritto la frase con pennarello indelebile nella stanza del consultorio, con tanto di firma: anche quella indelebile.