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      Home » PESARO: prima festa di San Terenzio per l’arcivescovo Sandro
      Pesaro

      PESARO: prima festa di San Terenzio per l’arcivescovo Sandro

      + SANDRO SALVUCCI*Di + SANDRO SALVUCCI*Nessun commento5 minuti di lettura
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      La pioggia ferma la processione ma la folla di fedeli riempie il Duomo per la prima festa del Patrono con l’arcivescovo Sandro Salvucci. A seguire l’omelia integrale dell’arcivescovo di Pesaro monsignor Sandro Salvucci in occasione della solennità del Santo Patrono di Pesaro Terenzio.

      —

      Figura. Chi è un santo patrono? Quale significato assume festeggiare San Terenzio per la nostra comunità diocesana e per la città di Pesaro? È la prima volta per me, da Pastore chiamato a guidare questa Chiesa, e vorrei partire da questa domanda, forse un po’ banale e scontata, per condividere qualche pensiero utile per me e, spero, per tutti voi. Parto innanzitutto, per fare chiarezza, dal dire ciò che un patrono non è: Non è una figura mitica frutto di fantasia. Non è un feticcio che portiamo a spasso per le vie cittadine per sentirci difesi e rassicurati. Non è un supereroe che interviene per difenderci dai pericoli e risolvere i nostri guai. Non è una bandiera da sventolare per motivi identitari. Chi è allora?

       

      Eredità. Un uomo, un cristiano come te e come me, che nel suo passaggio sulla terra ha lasciato un’impronta e ha lasciato in consegna un’eredità. Una persona che non ha vissuto una vita banale, ma l’ha vissuta con passione, mettendo in gioco tutto se stesso per amore del suo popolo e nella fedeltà a Cristo. Al di là del dibattito degli studiosi sull’identità di Terenzio, la sua esatta collocazione storica, se fosse vescovo e martire o solo vescovo, una cosa è certa: il suo culto e la sua memoria a Pesaro si sono tramandati di generazione in generazione da tempi immemorabili, fino ai nostri giorni. Secondo la tradizione è il primo vescovo nella catena della successione apostolica di cui mi trovo ad essere, per grazia di Dio, il novantaseiesimo anello. Sono io per primo a raccomandarmi a lui: non vorrei rovinare l’opera iniziata dal santo vescovo!

       

      Santità. Nella preghiera di colletta abbiamo pregato con le seguenti impegnative parole: “O Dio, luce e pastore dei credenti, che hai chiamato il santo vescovo Terenzio, a illuminare la comunità cristiana di Pesaro con la parola e a formarla con la testimonianza della vita, fa’ che custodiamo la fede che ci ha insegnato e seguiamo la via che ha tracciato con l’esempio”. A distanza di secoli cosa, perciò, può ancora “dire” o “fare” per noi? A mio parere troviamo risposta nella Parola che abbiamo ascoltata. Il santo è un uomo che centra la sua vita in Cristo morto e risorto. San Paolo afferma: “se uno è in Cristo, è una nuova creatura”. Il santo, quindi, è un uomo reso nuovo e trasformato dalla relazione con il Signore. È molto forte il modo in cui lo esprime l’apostolo: “L’amore del Cristo ci possiede”. San Paolo fa l’esperienza di un amore che lo riconcilia con sé, con gli altri e con il mondo. E per questo diventa “ambasciatore” presso i fratelli. Mi piace immaginare Terenzio come il nostro “ambasciatore” presso Dio, a cui possiamo consegnare le nostre preghiere e suppliche, ma nello stesso tempo è “ambasciatore” perché consegna a noi l’appello di Cristo a lasciarci riconciliare con Dio e tra di noi.

       

      Fede. Terenzio è un uomo che ha offerto la sua testimonianza di fede e ha dedicato la sua vita alla comunità in un tempo difficile per i cristiani (esiste forse un tempo facile?), segnato dalle persecuzioni. Nella prova ci insegna a rimanere saldi nella fede e a confidare nel Signore che “è fedele per sempre”. Anche noi ci troviamo a vivere tempi difficili e complessi. I motivi sono sotto gli occhi di tutti, perciò evito di sciorinare una lunga litania dei mali del presente. Facciamo però attenzione a non diventare “profeti di sventura” – come ebbe a dire Papa Giovanni XXIII sessant’anni fa, nel discorso di indizione del Concilio Vaticano II – “che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo”. In questo contesto il Patrono è per tutti noi un invito alla speranza cristiana fondata sul “lieto annuncio” di un Dio che è amico degli uomini: “Voi siete miei amici”, dice il Signore. E a partire dall’esperienza di questa amicizia, segno di un amore gratuito, sentiamoci tutti chiamati ad andare e a portare frutto nella Chiesa e nel mondo. Quest’anno, festeggiando San Terenzio, proviamo a chiederci – dal più giovane al più anziano, dal semplice fedele o cittadino a chi esercita una qualsiasi responsabilità ecclesiale o civile -: “In che modo, sull’esempio del santo patrono, posso anch’io diventare ‘ambasciatore’ di giustizia e di pace?”. Perché, non lo dimentichiamo mai, un patrono non è una “copertura assicurativa” sulla vita della città, ma un appello personale a vivere con passione e responsabilità la vita nella Chiesa e nella società, in conformità con il nostro battesimo.

       

      * Arcivescovo di Pesaro – Solennità di San Terenzio, vescovo e martire

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