Il 2 novembre si commemorano i defunti. Perché? Credo che questa commemorazione sia nata da un’esigenza umana, direi familiare: essere in comunione con i propri cari che hanno lasciato questa terra, o come spesso diciamo noi: «Sono ritornati alla casa del Padre». In questo ci rassicura e ci sostiene la fede in comunione con le parole di Gesù: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno» (Gv 11, 25-26).
Defunti. Onorare la memoria dei fratelli e sorelle scomparsi è un fatto positivo, è un’esperienza di comunione: significa credere che la preghiera serva a qualche cosa e che sollevi le loro sofferenze.
Nell’antichità. Esiste una tradizione antica, non molto conosciuta, della quale ce ne parla il Secondo libro dei Maccabei (Maccabei, 42-44). Questa – stiamo parlando di quella del popolo d’Israele – risale al periodo tra il 124 e il 160 a.C.: “Il nobile Giuda esortò tutti a conservarsi senza peccati, avendo visto con i propri occhi quanto era avvenuto a causa del peccato di quelli che erano caduti. Poi fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un’azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione. Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti (Maccabei, 42-44)”. Giuda era convinto che fossero deceduti, per questa forma pagana, abbandonati da Dio. La risoluzione del Maccabeo indica che, sin d’allora, il popolo ebreo credeva che si potessero aiutare i defunti con preghiere e sacrifici.
Nel Medio Evo. Dante Alighieri, nella cantica del Purgatorio della Divina Commedia, ci propone una interessante diapositiva della tradizione medievale della Chiesa sul Purgatorio, ma in maniera poetica. Molte anime del Purgatorio che il poeta incontra, chiedono preghiere. Faccio la scelta di due personaggi marchigiani che incontrano il sommo poeta: Jacopo del Cassero e Bonconte da Montefeltro. Entrambi, negli ultimi attimi della loro vita, invocarono l’aiuto del cielo e il Signore misericordioso perdonò le loro colpe.
Nel tempo presente. Papa Francesco così si è espresso, nell’udienza generale, del 30 novembre 2015: “Pregare per i defunti è, anzitutto, un segno di riconoscenza per la testimonianza che ci hanno lasciato e il bene che hanno fatto. È un ringraziamento al Signore per averceli donati e per il loro amore e la loro amicizia”. Concludiamo ricordando che nella nostra città c’è una chiesa dedicata a Santa Maria del Suffragio, sede di un’antica Confraternita, splendido monumento, carico di significati e di opere d’arte. A noi vengono consegnate queste tradizioni, a noi è dato riscoprirle proporle.