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      Home » La bellissima orazione funebre del prof. Ivano Dionigi per la morte di Marcello Secchiaroli
      Cultura

      La bellissima orazione funebre del prof. Ivano Dionigi per la morte di Marcello Secchiaroli

      IVANO DIONIGI*Di IVANO DIONIGI*Nessun commento4 minuti di lettura
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      È deceduto lo scorso 20 luglio a 75 anni Marcello Secchiaroli. I funerali si sono svolti sabato 23 luglio nella chiesa di S. Maria di Loreto e sono stati celebrati dal parroco don Giuseppe Fabbrini. Una grande ondata di cordoglio si è levata e non solo da Pesaro dove Secchiaroli dal 1985 al 1995 aveva ricoperto l’incarico di assessore ai Servizi sociali e problematiche giovanili del Comune. In seguito era stato eletto consigliere della Regione Marche e aveva ricoperto la carica di presidente della II Commissione Bilancio e Programmazione e componente della V Commissione sanità e servizi sociali, ed era stato anche presidente della Consulta regionale per l’Handicap. Dal 2000 al 2005 era stato assessore della giunta D’Ambrosio. Era nato a San Marcello in provincia di Ancona ma era cresciuto nell’ambiente cattolico pesarese insieme a don Gianfranco Gaudiano, don Giorgio Giorgetti e tanti altri. Molto noto anche per la sua attività sindacale e per la sua passione sportiva nel mondo del basket

      ***

      Forte è la spinta emotiva a ricordare i momenti spensierati e i momenti impegnati, condivisi in oltre 50 anni di amicizia: le esperienze pionieristiche ed esaltanti di “Facciamo il punto” e “ Radio Punto” (compreso quel collegamento pirata dall’appartamento di via San Felice con il PalaDozza per trasmettere in diretta Virtus Vuelle); quella sorta di gemellaggio tra Loreto e Villa San Martino nel segno dell’azzardo del binomio fede e politica; le gratificazioni e anche le amarezze della sua traiettoria politica, perché la politica gli ha riservato anche amarezze. Ma bisogna resistere a questa tentazione, perché forte sarebbe il rischio di parlare d’altro e di parlare di noi.

       

      Talento. Invece è di Marcello che dobbiamo parlare, anzi è Marcello che dobbiamo ascoltare: perché è lui che parla a noi, sono i morti che parlano ai vivi la lingua della verità. Qui ora echeggia l’antifona pasquale: «la vita e la morte si sono affrontati in un prodigioso duello». La morte, ma soprattutto la vita, perché l’esistenza di Marcello è stata un inno alla vita. Una vita piena nel basket, dov’era speciale con la sua sospensione e il suo contropiede; nel lavoro, dov’era impegnato anche nel sindacato quando il sindacato faceva la differenza; nella politica dov’era diventato un simbolo: una vita al massimo, senza risparmio, senza pause, senza calcoli che faceva crescere chi gli stava accanto come il lievito nella pasta. Una vita aperta in tutte le direzioni come aperta era la sua casa per i momenti conviviali, per i momenti di progettazione politica, per i momenti di riflessione biblica, con il viavai dei figli e Natalia a provvedere a tutto e a tutti. Una vita politica scelta e condotta non in solitaria, ma insieme, perché a Marcello piaceva la forma democratica e perfetta del cerchio, non quella classista e gerarchica della piramide. La sua forza? Certamente il suo talento, la sua bontà, la sua mitezza, che le avversità della vita avrebbero poi indurito; e poi l’autenticità, l’essere una persona vera senza divisa, senza maschera, per cui trasparivano anche le sue debolezze: quella persona vera che lui cercava nell’altro con un semplice sguardo, una battuta e soprattutto con l’ascolto e con le soluzioni concerete.

       

      Fede. Ma soprattutto la sua forza veniva dalla motivazione interiore, dalla responsabilità, vale a dire dalla risposta a un’idea di fondo. E qui intervengono la lezione, il magistero, la testimonianza di don Gaudiano, che lui in modo innovativo e radicale ha tradotto in azione amministrativa, la frequentazione di don Giorgio Giorgetti, l’amicizia con don Luigi Ciotti e don Arrigo Chieregatti. Senza una forte interiorità, senza l’arma delle idee, senza il demone dell’impegno, senza il senso del destino altrui non si danno né politica né amministrazione degne di questo nome. Se è vero – come altri amici hanno detto e scritto in questi giorni – che Marcello è stato l’assessore dei fragili, oggi Marcello è l’assessore di tutti noi: infragiliti dalla pandemia, da una guerra folle, da una politica irresponsabile che scambia la Res Publica, la cosa di tutti, con l’affare privato. Se ascoltiamo la voce di Marcello, oggi più viva che mai, leniremo un poco il dolore di Natalia, Giovanna, Matteo, Tommaso, dei numerosi nipotini e degli altri congiunti; renderemo onore e giustizia al suo nome che è pari alle sue opre; e faremo migliore questa città.

      * Già Magnifico Rettore dell’Università “Alma Mater” di Bologna

       

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