Fano
a cura di EP
Si è parlato di donne sfruttate, sottopagate e vittime di violenze nel nuovo appuntamento di “Impronte Femminili” tenutosi mercoledì 28 aprile con la collaborazione del Comune di Borgo Pace, a partire dalle 18 sui canali Facebook e YouTube del Comune di Fano.
Terra. La serata, moderata da Mirella Montalbano dello staff di “Impronte Femminili”, è stata aperta dall’assessora alle Pari Opportunità del Comune di Fano Sara Cucchiarini e dai saluti istituzionali della sindaca di Borgo Pace e consigliera della Parità della Provincia di Pesaro Urbino Romina Pierantoni. La parola poi a Giuseppe Puntarello referente coordinamento di Libera Pesaro – Urbino. Puntarello ha ricordato la figura di suo nonno, dirigente della Camera di Lavoro di Ventimiglia di Sicilia, ucciso proprio perché stava lavorando nel permettere ai contadini di riappropriarsi delle terre abbandonate dai latifondisti. “Ora lo sfruttamento si è sofisticato a tal punto che oggi dobbiamo chiederci ‘che cosa mangiamo?’”.
Caporalato. Con Stefania Prandi, giornalista e autrice del reportage “Oro rosso. Fragole, pomodori, molestie e sfruttamento nel Mediterraneo” che ha dialogato con Daniela Barbaresi, Segretaria Generale della CGIL Marche, si è entrati nel vivo della questione del caporalato con particolare attenzione allo sfruttamento delle donne. “Il caporalato, lo sfruttamento, i soprusi sembrano lontani dalla nostra realtà marchigiana ma non è così – ha affermato la Barbaresi – perché anche nelle Marche dove eravamo abituati a coniugare lavoro, sviluppo e coesione sociale purtroppo ci siamo misurati con fenomeni di questo tipo. Nella nostra regione, ci siamo misurati con casi concreti che hanno portato a denunce per sfruttamento e caporalato. Nei casi in cui siamo in grado di attivare una rete fra i vari soggetti, di collaborare, la rete di protezione riesce a scattare ma non è sempre facile”.
Oro rosso. Stefania Prandi, nel suo intervento, è partita dalla nascita del suo libro avvenuta dopo la lettura, anni fa, di un articolo di Antonello Mangano che, per primo, scrisse delle molestie e dei ricatti sessuali che subivano le braccianti rumene nella zona di Vittoria che raccolgono i pomodorini. “Ogni volta che andavo a fare la spesa, mi ponevo delle domande. Così mi sono recata a Vittoria e ho fatto una ricerca, in primis, fotografica, poi ho iniziato un lavoro attraverso testi e ho capito che potevano esserci altre zone di sfruttamento femminile in altri Paesi europei. Mi sono concentrata sullo sfruttamento nei campi in Sicilia, Puglia, Huelva in Spagna e in Marocco. Tra Italia, Spagna e Marocco ho intervistato, in due anni, più di cento braccianti e trenta sindacalisti e da questo è emerso che le braccianti che raccolgono i frutti rossi sono pagate meno, sono costrette a turni estenuanti e vengono molestate sessualmente e umiliate dai loro superiori”.
Inchiesta. La Prandi ha messo in evidenza gli ostacoli che ha incontrato nel condurre la sua inchiesta tra cui la mancanza di consapevolezza anche di associazioni e sindacati soprattutto in Spagna e in alcune aree dell’Italia, una certa omertà diffusa e la mancanza di fondi. La Prandi ha fatto riferimento anche allo sfruttamento durante la pandemia ed è emerso che affidarsi alla manodopera migrante non è solo una pratica dell’agricoltura del Sud dell’Europa e del Mediterraneo, ma anche di altre nazioni e le donne sono state sempre le più colpite. In conclusione, Stefania ha mostrato alcune sue fotografie di donne ritratte non solo come braccianti, ma facendo emergere anche molto altro e ha rimarcato il bisogno di normalità.