Fano
di Redazione
La donna nella lotta alla mafia è stato il filo conduttore dell’appuntamento, tenutosi on line trasmesso sul canale youtube e sulla pagina facebook del Comune di Fano, di “Impronte Femminili” con la collaborazione del Comune di San Costanzo.
Dopo l’introduzione dell’assessora alle Pari Opportunità del Comune di Fano Sara Cucchiarini e di Michela Gaudenzi, dello staff di “Impronte Femminili” e moderatrice dell’appuntamento, la parola al sindaco di San Costanzo Filippo Sorcinelli. “Nel corso di questi anni – ha proseguito il Sindaco – abbiamo, infatti, avuto la possibilità di conoscere e di far conoscere agli studenti grandi donne come Marilena Natale, la giornalista anticamorra che tutt’oggi vive sotto scorta, e Marisa Cagnino, la presidente della sezione civile del Tribunale di Catania”. Francesca Ricci, coordinatrice di Fano di Libera, si è soffermata sull’attività che l’associazione svolge nelle scuole.
Si è entrati, poi, nel vivo della questione con Cinzia Paolillo vicepresidente di daSud – associazione antimafia, Irene Calesini psichiatra e psicoterapeuta e Cinzia Piccoli, insegnante fanese e scrittrice. Irene Calesini ha posto l’accento sulla ribellione delle donne alla mafia, aspetto importante perché la cultura mafiosa fa parte integrante del patriarcato.
Cinzia Paolillo ha ricordato le donne vittime di mafia e si è soffermata sulla figura di Lea Garofalo, sul suo coraggio di ribellarsi alla mafia pagando con la vita. “La nostra prima ricerca – ha sottolineato la Paolillo – è stata quella di restituire dignità alle donne vittime del potere mafioso”.
Oltre a Lea Garofalo, è stata citata un’altra donna che ha avuto il coraggio di denunciare gli assassini di suo figlio. Cinzia Piccoli, dopo aver fatto un piccolo excursus sulla mafia raccontata nella letteratura, ha delineato la figura di Francesca Serio madre di Salvatore Carnevale sindacalista ucciso dalla mafia nel 1955. Fu la prima donna a rompere l’omertà mafiosa e nella sua lotta fu sostenuta da Sandro Pertini. La sua figura ispirò Carlo Levi in uno dei racconti del suo libro “Le parole sono pietre”.
Irene Calesini ha raccontato la storia di Rita Atria, figlia di don Vito mafioso di Partanna, una storia molto triste fatta di dolore per non sentirsi accettata e amata. “E’ fondamentale – ha concluso – per chi vuole allontanarsi da questi ambienti l’aiuto delle istituzioni, della società e della rete di donne che lottano ogni giorno contro la mafia”.