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      Home » «Se Dio le vuole! Intanto noi diamoci da fare»
      Fano

      «Se Dio le vuole! Intanto noi diamoci da fare»

      RedazioneDi RedazioneNessun commento3 minuti di lettura
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      Marotta
      A cura di don Enrico Secchiaroli

      Ricordare una persona è verificare la propria vita!

      Mons. Cecchini mi ha ordinato Diacono e Sacerdote e, a un certo punto, mi ha chiesto di fargli da segretario, pur continuando l’attività pastorale in parrocchia.

      Con Monsignore non era difficile relazionarsi, un uomo semplice, buono, diremmo alla mano. Pur nel rispetto della sua dignità Episcopale permetteva quella spontaneità che ti faceva sentire di casa.

      Quel suo carattere alla mano lo rendeva “popolare” amato dalla gente, e a farlo stare in Episcopio era un’impresa. Quanti giri per la Diocesi sia per la celebrazione dei Sacramenti, sia per incontrare i sacerdoti, sia per andare a trovare qualcuno del quale aveva, secondo lui, bisogno, per una sua iniziativa. Tante volte ti stancavi, era notte e ancora giravi e lui con la sua tranquillità ancora ti diceva: «adesso diciamo il Rosario».

      Voleva realizzare tante cose, alcune le ha fatte, altre sono rimaste li, ma era lui che diceva «se Dio le vuole! Intanto noi diamoci da fare». Stando con Lui ho sperimentato la dedizione alle persone che incontrava, e non tutte erano per un dialogo o per un impegno pastorale, eppure anche con quelle che esageratamente, secondo me, chiedevano alla sua carità, era pronto, disponibile: «stà bonino! obbedisci!» mi ripeteva, quando io brontolavo.

      Con lui non c’era un solo lavoro, il segretario, ma anche quello di viceparroco e se era necessario ti mandava a fare quel Campo con i ragazzi perché il prete sta male, a celebrare la Messa in quell’altra parrocchia oppure «vammi a dir Messa li perché io non mi sento bene», «ma Eccellenza lì oggi ci sono le Autorità», «embè! tu digli che ti mando io».

      Un giorno mi chiama e mi dice «tu mi vai a Roma», pensavo di dover andare a parlare con qualcuno a suo nome, no «a Roma a studiare». E non solo, mi portò Lui in Facoltà, parlò personalmente con il Rettore e stabilì il corso accademico; «tu studia, per il resto vedremo come fare»: Roma locuta causa finita! La famigliarità che si era sviluppata era tale da trattarmi come un figlio.

      Da quando si è ritirato all’Opera Pia ho cercato sempre di incontrarlo. E’stato il modo per continuare a volergli bene. Avrà avuto, come tutti, i suoi difetti, l’Ordinazione Episcopale magari li avrà anche accentuati, ma una cosa è certa anche nella prova ha saputo umilmente mettersi da parte, e, come tutti sacerdoti ospiti all’Opera Pia, ringraziare ogni volta che lo andavi a trovare. Prima di lasciarti ti diceva «quando ci ritorni», «appena posso Eccellenza!».

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