Irene come l’ape operaia
L’EDITORIALE – DI ROBERTO MAZZOLI
Nel centenario della nascita di Gianni Rodari, autore delle indimenticabili “Favole al telefono”, non poteva che arrivare anche a Pesaro una delle tante “telefonate da favola” a cui ci ha abituato Papa Francesco. A riceverla è Irene M. una giovane operatrice sanitaria del dipartimento di prevenzione dell’Aerea Vasta 1 nella provincia di Pesaro e Urbino, il focolaio Covid-19 più grande di tutto il Centro Italia. Nelle scorse settimane Irene aveva inviato una lettera al Pontefice chiedendogli la preghiera per una coppia di trentenni affetta da coronavirus. I due si sarebbero dovuti sposare in questo mese di giugno ma a fine aprile lui si era talmente aggravato da dover essere intubato. «Nel mio lavoro – spiega Irene – mi occupo dell’indagine epidemiologica e avevo ricevuto una e-mail da questa coppia che non conoscevo ma che ho subito sentito vicina, e così ho chiesto al dottor Paolo Marchionni, dell’associazione Scienza&Vita, se poteva far arrivare la mia richiesta di aiuto al Papa». La missiva parte verso Santa Marta mentre Irene continua la sua personale preghiera coinvolgendo anche alcuni preti di Pesaro. «Infatti sempre per lavoro – prosegue – ero in contatto telefonico con i sacerdoti della Casa del Clero ai quali ho subito chiesto il sostegno». Oggi il futuro sposo è ancora in ospedale ma il quadro clinico è in deciso miglioramento, tanto che, dopo aver chiuso il telefono con Irene, Papa Francesco ha chiamato la giovane coppia per una speciale benedizione.
«Il Papa mi ha detto che tutti noi sanitari siamo eroi – aggiunge Irene – ma io mi sento solo una piccola ape operaia». Un’ape operaia che lavora al telefono per il bene degli altri, spesso senza neppure conoscere tutti i membri dell’alveare. Per Irene è quasi un istinto naturale tanto che, al termine di quest’intervista mi chiede di non pubblicare il suo cognome: «non vorrei che si potessero identificare i due futuri sposi – spiega – perché devono stare tranquilli dopo settimane passate tra la vita e la morte». La bellezza di questa storia non sta tanto nella telefonata del Pontefice ma nel gesto semplice e discreto che Papa Francesco ha colto nella lettera di Irene e nella sua disarmante fiducia verso gli altri. Infatti dopo centinaia di storie ascoltate all’altro capo del telefono, è proprio lei a chiedere a tutti di essere ascoltata fino ad arrivare al Papa. «Quando mi sono accorta che la scienza da sola non era più sufficiente – dice – mi sono messa a pregare e ho chiesto anche ad altri di farlo». Irene si rivolge a persone affette da Covid che spesso non conosce ma con cui parla tutti i giorni al telefono nel suo lavoro. Dai sacerdoti della Casa del Clero a suor Pia dell’Oasi di Ginestreto. Tutti arruolati come api laboriose per sostenere con la preghiera gli altri abitanti dello stesso alveare.