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      Home » Su Pesaro una vera catastrofe. Interviene Brandoni segretario di Cisl Medici Marche
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      Su Pesaro una vera catastrofe. Interviene Brandoni segretario di Cisl Medici Marche

      RedazioneDi RedazioneNessun commento4 minuti di lettura
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      Su Pesaro una vera catastrofe

      Il Segretario Generale Cisl Medici Marche Gabriele Brandoni fa il punto sulla tenuta del sistema sanitario regionale e sul Covid-Hosptal di Civitanova

       

       

      Intervista/1

      A CURA DI ROBERTO MAZZOLI

       A conclusione della cosiddetta “Fase 1” abbiamo intervistato il dott. Gabriele Brandoni, Segretario Generale Cisl Medici Marche, per fare il punto in merito all’emergenza sanitaria che ha visto la nostra regione tra le più colpite in Italia.

       Dott. Brandoni, a conclusione della cosiddetta “Fase 1” che giudizio si può esprimere sulla tenuta del sistema sanitario regionale?

      Bisogna distinguere l’impatto che il virus ha avuto sul territorio dell’Area Vasta 1, ovvero la città di Pesaro e provincia, dove i dati sono esattamente analoghi alla Lombardia e al resto del nord. Qui la situazione è stata catastrofica e per nulla paragonabile al resto delle Marche. È vero che l’onda d’urto è stata eccezionale ma la politica sanitaria regionale non ha brillato in scelte chiare e immediate. Ad esempio quando a gennaio era scattata l’allerta nazionale, ogni regione avrebbe dovuto fare un piano di emergenza e poi delle scorte urgenti di dispositivi di protezione per tutto il personale operante nelle strutture sanitarie mentre le Marche sono andate in guerra come i nostri nonni in Russia. Io però parto da un po’ più lontano.

      Da dove?

      Dalla delibera della Giunta regionale del 26/11/2007 la numero 1371. Ovvero le linee guida del piano pandemico regionale. Da allora sono trascorsi 13 anni e nessuno lo ha più aggiornato. Perché non è stata fatta prevenzione quando era ora? Ecco perché tutte le sigle sindacali, ma non solo, sono fortemente critiche su come la politica ha affrontato l’emergenza sanitaria e sul progetto dell’ospedale Covid a Civitanova. Perché continuare su questa strada senza un riscontro con chi dovrà poi operare nella struttura?

      Il personale sanitario?

      Lo scorso 24 aprile è apparso il bando per la struttura di Civitanova con cui Asur March intende reperire, medici, infermieri e tecnici. Lo farà mediante l’istituto delle “prestazioni aggiuntive” a 60 euro all’ora per i medici e 30 Euro per gli infermieri. È evidente che questo progetto è partito senza pensare al personale che quindi andrà a fare un turno aggiuntivo, fuori dell’orario di servizio e magari lontano dalla sede lavorativa principale. Per esempio un dipendente dell’ASUR ad Urbino come fa a fare un turno aggiuntivo se impiega 2 ore per arrivare a Civitanova Marche? Si tratta di personale “prestato” e su base volontaria. Tutto legittimo ma quanti turni in più si possono garantire in sicurezza in questo modo? E poi c’è da dire che dei 100 posti previsti si è scesi a 42 di terapia intensiva più altri 42 di semi-intensivi. Perché non abbiamo investito sulle strutture ospedaliere come ha fatto ed esempio l’Emilia Romagna o sulla medicina territoriale come ha fatto il Veneto?

      Il Ministro della Salute ha però auspicato la realizzazione di Covid-Hospital in ogni regione.

      Certo ma allora perché non scegliere un ospedale sottoutilizzato (uno per ogni Area Vasta), in modo tale che possa essere riconvertito e/o essere pronta per una eventuale successiva pandemia? Insomma strutture con caratteristiche dell’ospedalizzazione. Le critiche sono arrivate infatti dalla maggioranza dei sindacati dei medici. Questo ospedale è una cattedrale nel deserto realizzato in un centro commerciale di un’area densamente abitata.

      Per l’utilizzo di un ospedale già esistente, la burocrazia non richiederebbe tempi troppo lunghi?

      È vero in parte. Nelle Marche altre strutture sanitarie c’erano e si potevano adattare in poco tempo.

      Dalla Regione sostengono che Civitanova servirà per una possibile seconda ondata del virus.

      Ma se un domani il focolaio scoppiato a Pesaro dovesse accendersi in tutta la regione, al di là del Covid-Hospital la gente ha diritto di sapere che cosa prevede il piano pandemico regionale. Non ho ancora sentito nessuno preparare un piano nuovo per le pandemie in regione. Siamo ancora usando il protocollo della prima giunta Spacca. Comunque avremmo solo 42 posti di terapia intensiva in più.

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