
Un’esperienza diversa, difficile, gratificante. Ha definito così la sua permanenza in Zambia Anita Romagnoli de l’Africa Chiama Onlus spinta dalla voglia di mettersi alla prova. Di ritorno in Italia, l’abbiamo intervistata chiedendole che cosa le è rimasto di questo viaggio nel cuore e nella mente.
Che cosa ti ha spinto a partire per questa esperienza?
Ho deciso di partire per il servizio civile in Zambia con L’Africa Chiama perché avevo voglia di mettermi alla prova e confrontarmi con una realtà completamente diversa da quella in cui sono cresciuta.
Quali progetti hai seguito in Zambia?
L’africa Chiama, da più di 10 anni porta avanti il centro Shalom nella periferia di Lusaka, precisamente a Kanyama, il compound più grande e più povero di tutto lo Zambia. Il centro è costituito da una scuola che ha come focus l’inclusività scolastica, una clinica e un centro di fisioterapia. Nei mesi in cui sono stata a Kanyama mi sono occupata principalmente di supportare l’area sanitaria, mi sono occupata in particolare del dipartimento di fisioterapia dove bambini, bambine, ragazzi e ragazze con disabilità si recano a fare i trattamenti. Altra attività portata avanti è stata quella di seguire la costruzione del nuovo centro di maternità, iniziata a luglio del 2019.
Qual è stato l’incontro che ti è rimasto nel cuore?
C’è stata Rebecca, di due anni con paralisi celebrale, che dopo mesi di fisioterapia ha iniziato a camminare tenendo la mano di Naomi, la sua mamma e che ogni martedì al mio “how are you?” mi rispondeva sorridente: “fine!”. Christine, diciotto mesi che ogni venerdì si recava al centro a fare fisioterapia. Quando l’ho conosciuta al solo vedermi si nascondeva dietro la mamma. Gli ultimi mesi al mio saluto, invece, il suo viso si distendeva in un sorriso enorme. Daniel, di 12 anni con un disturbo dell’apprendimento che tutte le mattine veniva a salutarmi in ufficio. Emmanuel, assiduo frequentatore della biblioteca che adorava leggere Romeo e Giulietta con affianco il dizionario per cercare le parole che non conosceva. Ogni persona, ogni mamma, ogni bambino o bambina mi hanno insegnato qualcosa. Anche dagli operatori locali con cui ho lavorato fianco a fianco ogni giorno ho imparato, innanzitutto, il rispetto per l’altro.
Come sei partita e come soprattutto sei tornata?
Sono partita con la voglia di scoprire un nuovo luogo, una nuova cultura e di mettermi in gioco. Sono tornata arricchita, con la consapevolezza che viviamo in un mondo complesso e per niente giusto. Sono tornata consapevole della fortunata di essere nata in un luogo dove i miei diritti di essere umano sono garantiti.
Se dovessi riassumere in tre parole la realtà che hai trovato in Africa.
Diversa, difficile, gratificante
Progetti per il futuro?
La cooperazione rimane l’ambito in cui vorrei mettere alla prova l’esperienza e le capacità maturate in questo anno. Oltre a ciò rimango sicuramento un’affezionata volontaria de L’Africa Chiama e metterò a disposizione il mio tempo anche, qui, in Italia, per i progetti che l’associazione porta avanti.