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      Home » Alice crocefissa in vetrina … succede a Fano
      Editoriale

      Alice crocefissa in vetrina … succede a Fano

      RedazioneDi RedazioneNessun commento2 minuti di lettura
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      Non c’è arte senza rispetto

       

       

      «In tutto c’è una morale, se si sa trovarla». È una frase di Lewis Carroll autore del romanzo “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie”. Ma chissà quale lezione avrebbe tratto, il celebre scrittore inglese, nel vedere la sua eroina crocefissa? Sì, avete letto bene. Infatti qualcuno ha pensato bene di inchiodare alla croce proprio lei, Alice: capelli biondi, vestitino blu e grembiule bianco. L’idea è di un’artista fanese che ha realizzato una sorta di grande scultura a tecnica mista di circa 2 metri d’altezza. L’opera si è aggiudicata il “Vernice Art Prize”, premio indipendente per l’arte contemporanea, organizzato da Vernice Contemporanea Art Management. Nel bando del concorso si invitavano gli artisti (oltre 300 partecipanti) a «rappresentare lo stato attuale del Bel Paese». Questa la descrizione che accompagna l’opera: «Alice crocefissa simboleggia la difficoltà di essere se stessi, creativi e fuori dagli schemi in Italia». Nelle intenzioni dell’artista il messaggio «non è indirizzato ad una categoria di persone ma ad ogni singolo cittadino d’Italia e del mondo civilizzato».

      Oggi la scultura, dopo essere stata esposta nel Bunker del complesso Palladiano di Villa Caldogno a Vicenza, è tornata a casa e campeggia nella vetrina di un negozio di Fano. In molti hanno protestato ma più che lo sdegno, a prevalere sono le tante domande e l’amarezza nel dover constatare come, ancora una volta, il simbolo più sacro del cristianesimo venga banalizzato. Sul tema della crocefissione si sono cimentati i più grandi artisti della storia, anche atei o appartenenti ad altre confessioni. Per chi crede, il crocefisso è il simbolo dell’amore di Dio e della salvezza; per chi non crede è l’espressione artistica più elevata per rappresentare il volto universale dell’umanità. Davvero un’artista o una giuria non riesce a comprenderlo? Davvero è così difficile essere “creativi e civilizzati” rispettando anche il sentimento di fede di tante persone?

       

       

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