Si è svolto venerdì scorso il secondo incontro del Corso per Operatori pastorali. A tema ancora la “sinodalità ed esodalità della Chiesa”. Tuttavia, mentre la volta precedente erano stati focalizzati i fondamenti “antropologici” di queste due dimensioni, presentate non come “imperativi morali”, ma come dimensioni “costitutive” della natura umana, il secondo relatore – don Giuseppe Pulcinelli, docente della Pontificia Università Lateranense – ne ha colto i fondamenti “biblici” attraverso gli Atti degli Apostoli, documentando come i due aspetti fossero già presenti nella Chiesa delle origini.
Metodo. Dal racconto del cammino della Chiesa nascente, infatti, non solo emerge come essa fosse già “in uscita”, tanto da essere designata da Luca con il sostantivo hodòs (via), ma appare anche chiaro come questa via fosse percorsa insieme (syn-hodòs), soprattutto nell’affrontare le tensioni (cfr. Concilio di Gerusalemme Atti, 15): i conflitti non venivano nascosti in una falsa e quietistica pace; non se ne parlava dietro le quinte, ma se ne discuteva apertamente, senza timori. E al tempo stesso si accoglieva con cuore aperto e umile quello che dicevano i fratelli. Il metodo con cui i primi cristiani esercitavano la sinodalità era dunque: “parlare con franchezza” (parresìa) e “ascoltare con umiltà”. Ma anche “raccontare” o meglio “raccontarsi”: Pietro, Paolo, Barnaba non disputavano su cavilli teologici o sulla possibilità di salvezza per i pagani; essi riferivano i prodigi che Dio compiva per mezzo di loro e annunciavano il kerigma: la morte e la resurrezione di Gesù.
Interrogativi. Su questo metodo oggi dobbiamo confrontarci: lo viviamo nelle nostre comunità? E soprattutto siamo convinti che il Vangelo risponde all’attesa di verità già presente in tutti gli uomini? Perché è solo da questo metodo e da questa convinzione che può nascere l’entusiasmo missionario.
PAOLA CAMPANINI