Lo scorso 5 ottobre don Silvano Ricci è tornato alla Casa del Padre. Era nato a Mombaroccio il 5 agosto 1927. Il 2 luglio 1953 diviene parroco di S. Andrea in Fiorenzuola, servizio portato avanti per 63 anni con passione e zelo pastorale. In molti lo ricordano insegnante alla scuola Media “Lucio Accio” e alla “Manzoni”. Il rito funebre, presieduto in Cattedrale monsignor Piero Coccia, si è svolto lo scorso 8 ottobre. L’Arcivescovo nell’omelia ha tratteggiato alcune caratteristiche di don Silvano: «La linearità, intesa come vita vissuta nella coerenza. La sobrietà e la sua disponibilità: don Silvano a Fiorenzuola c’era e tutti lo sapevano e tutti potevano contare sulla sua persona e sul suo gran cuore». Al termine del rito una giovane parrocchiana, Letizia Francesconi, ha letto un “ultimo affettuoso saluto” intrepretando i sentimenti della comunità di Fiorenzuola.
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«Caro don Silvano, per me e per tanti che hanno avuto la fortuna di conoscerla era semplicemente Donsi. È stato il parroco e l’uomo d’altri tempi sì, ma sempre al passo con i tempi. Ricordo ancora le conversazioni all’uscita della Santa Messa, sulla scuola prima, l’Università poi, sull’attualità e sul lavoro. Come non ricordare la semplicità e l’umiltà dei suoi sguardi e dei suoi gesti. Il senso della responsabilità e dell’accoglienza. Ricordo ancora la sua emozione per il suo 50esimo di Sacerdozio e per la visita dell’allora Vescovo, ora Cardinale, Angelo Bagnasco. La stessa emozione che ha provato per Monsignor Coccia, qualche anno fa nella sua visita Pastorale a Fiorenzuola. Se ci penso ora, fa quasi sorridere quella caduta accidentale mentre scendeva dall’altare per andare incontro al Vescovo, tanto era contento ed emozionato e si preoccupava che tutto fosse in ordine. Come non ricordare poi l’espressione dei suoi occhi, quando bastava incrociarli per capire se era contento o se magari in tanti anni di funzioni celebrate a Fiorenzuola, qualcosa non andava come avrebbe voluto o sperato. Per tutto quello che è stato e per tutto quello che sarà nei nostri ricordi, la voglio salutare come se le stringessi la mano o come se appoggiassi la mia mano sulla sua spalla, proprio come facevo quando negli ultimi tempi la incontravo in città, dopo aver lasciato la nostra Parrocchia. Ora la sua mano è nelle mani del Padre, quel Padre che lei ha servito sempre con amore e umiltà».