Se dovessimo definire la nostra epoca dovremmo dire la società del Rifiuto. Ogni giorno i mezzi della nettezza urbana raccolgono tonnellate di materiale da portare al riciclo o alla discarica. Ma i nostri nonni come facevano? Innanzitutto gli scarti erano pochi perché gli acquisti erano limitati. La carta, poca anche quella, era utilissima per accendere il fuoco e pulire le griglie. I prodotti alimentari venivano acquistati senza confezione, avvolti in un foglio di carta paglia. Le poche lattine di passata di pomodoro (la conserva era fatta in casa fra una nuvola di mosche) venivano accuratamente riciclate come contenitori ed i bordi venivano appiattiti e lisciati a colpi di martello. La mia bisnonna dormiva su un materasso di foglie di mais che alla fine del ciclo venivano bruciate nel camino. Si rifiutò sempre di avere un materasso di lana e sua nuora viveva nel terrore di dover chiamare un medico per visitarla a letto e questi criticasse un giaciglio che veniva definito da poveri. Il bisnonno, così mi raccontano, giudicava degli sozzoni quelli che si soffiavano il naso. “Mettere il muco in una pezzuola e poi riporlo in tasca è da maleducati”.
In compenso portava l’orecchino d’oro come status symbol. La cenere del camino veniva accuratamente setacciata ed usata con secchi di acqua bollente per il bucato. Tutto il materiale organico residuo della preparazione dei pasti, veniva gettato nella concimaia. Quelle erano vere coltivazioni biologiche. Da bambino mi impadronivo dei rocchetti di legno usati e con un elastico e due chiodini costruivo un trattore. I coperchi delle scatole di latta, battuti e lisciati con un sasso mi fornivano le eliche per mini motoscafi che però non hanno mai funzionato, oppure servivano a costruire temperini (poco taglienti) per sbucciare le mele e temperare le matite. Se non è riciclaggio quello !!!