Anche se gli anniversari indicano lo scorrere del tempo e possono creare qualche disagio, per noi sono causa di gioia e richiamo al dovere della lode riconoscente a Dio e alle comunità cristiane che serviamo ricevendo in cambio stimoli e incoraggiamento.
In questi giorni ricorre il cinquantesimo anno della mia ordinazione sacerdotale, il quarantesimo della mia vita di parroco a san Cesario. Domenica 15 luglio in occasione della festa annuale del patrono, sono stato lieto di festeggiare queste ricorrenze e di condividere con la comunità il momento di gioia perché la maggiore partecipazione mi permettesse di rendere più grande la lode a Dio. Nel pomeriggio, alle 18,30 con lo spirito di sempre, come se fosse la prima, come se fosse l’ultima, come se fosse l’unica, ho concelebrato l’eucarestia presieduta dal vescovo Armando. Anzi, ho celebrato con una consapevolezza ancora più grande dei doni ricevuti: una famiglia cristiana che mi ha trasmesso la fede, la chiamata al sacerdozio, il cammino pastorale con una comunità e tante esperienze che mi hanno fatto conoscere la bellezza della vocazione, dell’elezione, della missione sotto l’opera della Grazia. La festa mi ha offerto spunti di riflessione e momenti di ricordo, dal giorno in cui per la prima volta ho confidato ai genitori il mio progetto di vita e mi hanno educato alla vita dei sacramenti; al parroco che ha iniziato subito a seguirmi con particolare cura; a quella solennità del Corpus Domini quando per la prima volta ho invocato sul pane e sul vino l’opera dello Spirito santificatore. Ho ricordato quel tempo in cui è stata pubblicata la “Humanae vitae”, tante volte meditata poi coi fidanzati e con le famiglie; le proposte di vita cristiana fatte ai giovani della parrocchia e della scuola; le competenze maturate con la frequenza del conservatorio, impegnate poi liturgicamente nei tempi difficili del rinnovamento conciliare. Ho ricordato anche la fecondità di quei tempi vissuti, segnati dal magistero di Papa Paolo VI, dalle testimonianze di Giorgio La Pira, dal profetismo di don Lorenzo Milani, di Carlo Carretto, di don Zeno Saltini, dalle proposte pastorali di don Primo Mazzolari. Così ho potuto convincermi che davvero Dio in ogni tempo manda i suoi profeti come alberi di alto fusto e le foglie col potere medicamentoso della parola, a delineare i sentieri su cui ci invita a camminare.
Se potessi avere un’altra vita da spendere, la chiederei con in allegato il dono della vocazione sacerdotale. Ricordo con dispiacere l’intervento di un adulto che vedendomi da giovane prete molto impegnato nella catechesi e nell’apostolato, mi ha detto: “Quanto entusiasmo! Passerà, passerà”. Sono gli ideali effimeri quelli che sbiadiscono col passare del tempo. Quelli che incarnano ogni giorno un passo verso la pienezza nel seguire Gesù, crescono e sono sempre più gratificanti. Per rispetto alla salute dei sacerdoti c’è chi ci esorta, giunti ad una certa età, a rallentare il passo e a cedere alla stanchezza, ma io penso che il prete deve sognare di poter infine morire stando in piedi.
Don Piergiorgio Giorgini