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      Home » Il nomen nella cultura romana
      Fano

      Il nomen nella cultura romana

      RedazioneDi RedazioneNessun commento3 minuti di lettura
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      Un interessantissimo excursus sul valore del nome proprio nella cultura romana. Lo ha proposto ai numerosi presenti il professor Mario Lentano, ricercatore di lingua e letteratura latina presso l’Università di Siena e membro del Centro di Antropologia del mondo antico nel corso dell’incontro, giovedì 15 marzo nella Sala Ipogea della Mediateca Montanari, inserito nella rassegna “Eutopia. Più saggi con i classici”, curata dal Liceo Nolfi-Apolloni in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Fano, Mediateca Montanari, Eutopia, libreria Il Libro con il patrocinio e il supporto tecnico del Centro Studi Vitruviani e del  dipartimento di ingegneria civile edile e architettura dell’Università Politecnica delle Marche.

      Ad introdurre la serata l’Assessore Samuele Mascarin che ha sottolineato l’importanza di questa iniziativa volta a ridare voce ai classici e la professoressa Agnese Giacomoni, una delle due insegnanti organizzatrici per conto del liceo Nolfi, la quale ha presentato il relatore e introdotto l’argomento ovvero “Nomen. Il nome proprio nella cultura romana”.

       

      Nomen. Il professor Lentano, nella sua riflessione molto approfondita e chiara anche per i non addetti ai lavori, è partito da Shakespeare in particolare dalla questione “what’s in a name?” posta da Giulietta, ovvero se nella corrispondenza fra il nome e la cosa vi sia un rapporto preciso o del tutto arbitrario.

      Soffermandosi, in maniera più dettagliata, sulla cultura Romana, il professor Lentano ha messo in evidenza, con degli esempi ben precisi, come il nome proprio fosse una parola molto potente, capace di esercitare effetti sulla realtà. “I nomi propri – ha affermato Lentano – potevano essere omina, ovvero portatori di un presagio. Ad esempio, nell’arruolamento di un nuovo esercito i consoli chiamavano per primi coloro che portavano il nome di Valerio o Statorio poiché questi due nomi richiamavano rispettivamente il valore e la stabilità. Questo valeva anche per le città o le colonie che i Romani fondavano il cui nome doveva essere benaugurante (fausta nomina).

       

      Città. E’ il caso ad esempio dell’odierna Benevento, il cui nome di origine era maleventum poi mutato in beneventum ovvero bonus eventus che era anche il nome di una divinità romana invocata dagli agricoltori per avere buoni raccolti oppure della stessa Roma il cui nome, secondo alcune fonti, deriverebbe dal greco rome che significa vigore, forza, nome che avrebbe lasciato presagire l’ambito nel quale si sarebbe dimostrata l’eccellenza dei suoi abitanti anche se gli eruditi latini farebbero risalire la traduzione greca del nome dal nome latino di Roma ovvero valentia”.

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