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      Home » Profumo di inchiostro
      Cultura

      Profumo di inchiostro

      RedazioneDi RedazioneNessun commento4 minuti di lettura
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      Ottantatre anni, ben portati, pieno di salute e di voglia di vivere. Giorgio Montaccini, il più anziano tipografo pesarese ci riceve nel suo laboratorio-museo, proprio alle spalle del negozio che gestiscono le figlie in Strada nazionale adriatica. Ci mostra orgoglioso i suoi gioielli, macchine ancora perfettamente funzionanti che sembrano  solo in attesa di risme di carta e testi da stampare. La regina della tipografia è una linotype, una compositrice meccanica che risale al 1946 ed è stata inventata alla fine dell’800. Desta meraviglia ancora oggi la creatività dei tecnici che la costruirono: non c’è nulla di elettrico nel meccanismo perfetto che attraverso una tastiera fa scivolare i caratteri sulle righe del compositoio. Al termine della riga un congegno la trasporta in un serbatoio di piombo fuso che assume le forme dei caratteri. Le righe si allineano su una tavola che poi opportunamente inchiostrata riporterà lo scritto sulla carta. Geniali i costruttori ed ancor più geniale Montaccini che la tiene in ordine, oliando e ingrassando i meccanismi. Alla base dei lingotti di piombo attendono di essere liquefatti ed usati.

      Ci mostra ancora la Pedalina, una macchina tutto fare, poliedrica per stampare e fustellare. Non mancano alcuni torchi per stampe litografiche, uno dei quali porta inciso l’anno di costruzione 1862. Poiché la carta deve essere anche rifilata a misura ci sono due taglierine a leva e a ruota. Montaccini ci mostra anche una macchina piano cilindrica per stampare fogli da 70×100, che usa ancora per piccole tirature. A dimostrazione del buon gusto dei costruttori i telai delle macchine in ghisa sono decorati con altorilievi, perché la funzionalità e la bellezza debbono andare d’accordo. Addosso alle pareti vi sono innumerevoli cassettiere contenenti i caratteri da stampa di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, per la maggior parte sono in piombo, ma alcuni, i più grandi in legno duro. Gli chiediamo come nasce questo museo: “Nel 1995, deceduti i titolari, sono rimaste le macchine che in un primo momento erano state depositate in una grotta , poi restaurate e portate nel Museo che oggi su richiesta viene visitato dalle scolaresche.

      Queste macchine hanno dato da mangiare a tanta gente e non è giusto buttarle via” e Giorgio Montaccini accarezza per spolverarla, con un gesto quasi d’affetto, il telaio della linotype. Venerdì 31 marzo quaranta alunni delle classi prime di Cattabrighe accompagnati dalle insegnanti hanno visitato il Museo e stampato con apposite attrezzature alcuni fogli. Un modo per conoscere i segreti dell’arte della stampa.

       

      Una solida famiglia

      “Ho iniziato a lavorare a 8 anni e ad 83 ancora stampo” Così inizia la sua storia che è anche quella della sua famiglia. Al termine della scuola elementare il padre gli chiese se voleva continuare a studiare o avesse preferito lavorare con lui. La scelta fu istantanea, il tipografo gli pareva un gioco bellissimo che creava pagine perfette. A 8 anni aveva iniziato a pareggiare i fogli stampati e gli sembrava naturale proseguire. Nel 1929 la sede della tipografia era nei locali della Curia, dove attualmente è il Cinema Astra. Il nome della ditta era “La buona stampa”. Il padre e lo zio erano i titolari: il nonno Ermolao, lo zio Antonio ed il padre Renato. Si trasferirono in via Mazzolari.

      Durante la guerra i tedeschi fecero saltare l’impianto ed al ritorno dallo sfollamento a S. Angelo in Lizzola trovarono tutto distrutto. Ma ci voleva altro per distruggere una famiglia unita e piena di voglia di fare, ricomprarono le macchine e ripresero il lavoro. L’attività proseguì fino al 1994 – 95, quando sciolta l’azienda e comprato il negozio proseguì con la stampa litografica. Giorgio ricorda che negli anni ’50 stampava anche “Il nuovo amico”. Oggi, rimasto vedovo, vive con le figlie e consola la solitudine continuando per hobby la sua attività.

       

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