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      Home » Dove sono finiti gli elettori italiani?
      Editoriale

      Dove sono finiti gli elettori italiani?

      RedazioneDi RedazioneNessun commento3 minuti di lettura
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      ROMA 24 FEBBRAIO 2013 SEGGIO ELETTORALE PER LE ELEZIONI POLITICHE E REGIONALI NELLA FOTO SEGGIO ELETTORALE FOTO RAVAGLI/INFOPHOTO
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      Dove sono finiti gli elettori italiani?

      “Signora mia, mi si è ristretta la democrazia”. Se fosse un golfino di lana, la democrazia italiana sarebbe scesa dalla Large alla Small, nonostante tutti gli accorgimenti possibili: dall’ammorbidente delle promesse elettorali allo sbiancante dei populismi. Fuor di metafora, il voto delle Regionali ha rimesso in discussione gli equilibri generali: ha interrotto la corsa di Matteo Renzi, ha rafforzato la posizione della Lega nel campo del centrodestra, ha temporaneamente rianimato una Forza Italia in declino, ha confermato (senza sfondamenti) il ruolo di opposizione dei Cinquestelle, ha inchiodato ai loro numeri di semplice testimonianza Fratelli d’Italia e Area Popolare. Ma soprattutto ha sancito che la metà degli aventi diritto, un esercito di dieci milioni di italiani, questa volta ha preferito restare a casa. E non trattandosi nemmeno di una giornata da trascorrere al mare, non si può neppure invocare l’effetto vacanze. La verità è che gli italiani sono profondamente disillusi. Solo qualche tempo fa abbiamo messo in guardia dai rischi di una scarsa affluenza alle urne se applicata all’Italicum. La nuova legge elettorale, infatti, grazie ai suoi meccanismi premiali, consente a una forza politica di fare il pieno dei deputati (premio di maggioranza) pur avendo conseguito una maggioranza relativa molto bassa. Fatta questa considerazione, suggerivamo ai partiti di concentrarsi sul recupero di consensi alla propria parte politica, spendendosi in una grande campagna contro l’astensionismo. Magari adoperandosi con lungimiranza sul fronte dei programmi e delle candidature. I prELEZIONI 2013: SEGGI ELETTORALI A ROMAimi da delineare nel rispetto delle domande di buongoverno, i secondi da scegliere nel rispetto delle competenze e dell’onorabilità personale.

      Sappiamo com’è andata: i programmi sono rimasti in secondo piano e i candidati sono stati scelti con meccanismi raffazzonati. La polemica sugli “impresentabili” denunciati dalla Commissione Antimafia è stata solo il colpo di grazia. In ogni caso le forze politiche, pensando di esorcizzare il problema e di massimizzare i risultati, non si sono spese neppure nell’invito al voto come esercizio democratico. Forse hanno temuto di denunciare la propria debolezza, ma parlamenti e governi regionali eletti da poco più della metà degli elettori, dovrebbero farli tremare. Purtroppo non accadrà, infatti la politica ha tali doti di cinismo da infischiarsene di questi profondi segnali di malessere.

      In queste ore i politici canteranno tutti vittoria, mentre noi cittadini ci sentiamo un po’ meno rappresentati. Meno rappresentanza, meno democrazia. Dovrebbero saperlo bene gli uomini e le donne della politica, ma fanno finta di niente. A noi, invece, interessa  capire cosa sia passato per la mente di quei milioni di italiani che al voto hanno certamente rinunciato. Per rispetto nei loro confronti, crediamo che lo abbiano fatto consapevolmente, decidendo di restare a guardare. Speriamo, però, che gli studiosi della politica possano darci qualche indicazione più precisa sulle motivazioni dell’astensionismo e soprattutto ci facciano capire chi sono questi italiani che hanno deciso di restare alla finestra e di prendere le distanze, a modo loro, da chi li governa. Sono in maggioranza moderati, come vanno sostenendo da tempo alcuni settori della politica, forse sperando in un futuro recupero di consensi? Sono semplicemente delusi dalle forme che la politica è andata assumendo nella Seconda Repubblica? Non hanno gli strumenti per orientarsi (quasi ci trovassimo in una sorta di condizione di analfabetismo politico e democratico) in un mondo politico post ideologico? Non credono più a nulla e a nessuno? Sono gli elettori liquidi di una politica liquida in una società liquida?

      Per il bene della nostra fragile democrazia, speriamo di ottenere qualche risposta.

      Domenico Delle Foglie

       

       

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