Si può dire semplicemente, ed anche scrivere, che la politica è l’arte di governare la città. C’è un proverbio che provoca “impara l’arte e mettila da parte”. Si può anzi, secondo alcuni, si deve. Così avviene anche nella pittura. Ma sarà in forza di quell’habitus che nasceranno i capolavori. Ciò che non si verifica nella nostra politica perché i cosiddetti ‘artisti’ non ne conoscono l’habitus. Il primo cittadino che incontrano per la strada viene prelevato con la presunzione che possa saper governare. Così si stabilisce una classe i cui effetti sono qui a testimoniare una democrazia perennemente immatura che è incapace perfino di…degenerare. È difficile raccontarla ed ancor più difficile spiegarla così aggrovigliata e involuta. Bisogna che riprenda la genuinità delle origini, ricominciare cioè a rileggere le Costituzioni. La storia in questo caso è una buona maestra non solo dei valori ma anche dei modi di realizzare una buona democrazia. Tutto è incominciato in Francia, da quella ‘sciagurata’ rivoluzione con tre parole chiave “liberté, egalité, fraternité”.
Dallo Statuto di Umberto I di Savoia (1848) ad oggi di strada se n’è fatta, oltre un secolo di esperienza avrebbe dovuto insegnare qualcosa, almeno la pratica abituale dell’esercizio della libertà e di compiere i doveri più elementari come la scelta delle persone che li rappresentino in modo adeguato. Che siamo giunti a rischio di democrazia non è colpa della crisi, le malattie sono altre: la nostra di sempre è stata la repubblica ostaggio dei partiti; la maggioranza che determina l’esecutivo costituita dalla coalizione ove le minoranze finivano per ricattare la governabilità; le nomenclature, vale a dire le liste dei candidati, severamente stabilite dalle segreterie; la disciplina parlamentare che limitava la libertà di voto, per cui il rischio della partitocrazia era alle porte. Aggravava la situazione il fatto che i partiti erano fortemente ideologizzati. Aggiungi la corsa sfrenata alle poltrone e la conflittualità permanente del dibattito, sia all’interno delle Camere che nelle piazze. Per quanto riguarda la posizione attuale del Governo Letta, voluto dal Presidente Napolitano, (vedi il Nuovo amico n. 43 a pag. 3) “Extraparlamentari: è l’eccezione italiana”. A partire dall’8 dicembre, i leader delle tre principali forze politiche (PD, Forza Italia e M5S) saranno tutti fuori dal Parlamento, con inevitabili conseguenze sulla vita del Governo, sulla trasmissione fra partiti e gruppi parlamentari e sullo spostamento delle sedi decisionali con ulteriore svuotamento del ruolo delle Camere.È augurabile che sia una fase transitoria. La nostra democrazia riprenderà il suo corso naturale.
Comunque, debbo rilevare che l’ordinario della nostra politica è l’assenza di una moralità deontologica e dall’altra l’esercizio conflittuale del potere. Papa Francesco che riprese in mano le costituzioni conciliari insegna. Il potere e quindi l’autorità è un servizio. Ciò che è Vangelo per la Chiesa è un imperativo categorico per la comunità civile.
Raffaele Mazzoli