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      Home » Seminari d’agosto all’Istituto “Italo Mancini”
      Cultura

      Seminari d’agosto all’Istituto “Italo Mancini”

      admin-6535Di admin-6535Nessun commento5 minuti di lettura
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      Il Direttore Piergiorgio Grassi
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      Il Direttore Piergiorgio Grassi

      Intervista con il direttore Piergiorgio Grassi

      Professore, da circa trent’anni, alle cinque della sera, a Urbino, nelle sale di palazzo Petrangolini, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Italo Mancini” propone, in pieno agosto, una serie di seminari che attirano un largo pubblico .Qual è il filo rosso che lega tra loro i quattro seminari di quest’anno?
      Si tratta di affrontare una serie di questioni su cui il dibattito è aperto, capaci però di condizionare il futuro del cristianesimo e della società tutta nel nostro paese. Non dimentichiamo mai che religione e società, pur nella distinzione, sono strettamente collegate e ogni variazione ha riflessi sull’una e sull’altra.
      Ci può fare un esempio?
      Consideriamo il primo appuntamento. Il 3 agosto lo storico Giorgio Campanini dell’Università di Parma, guiderà un seminario dedicato al Concilio Vaticano II, a cinquant’anni dalla sua apertura. Ebbene il Concilio è stato un evento che ha interessato non solo i credenti, ma anche tutti coloro che erano impegnati per una nuova stagione della storia degli uomini. Ha suscitato ovunque grandi speranze ed energie di cambiamento. Non si può dire che esso non abbia avuto effetti e che la Chiesa non ne sia uscita trasformata nella sua immagine e nella comprensione che essa ha di sé. Non mancano però tutt’oggi obiezioni ai suoi contenuti e resistenze alla sua piena applicazione. Una rivisitazione dei documenti e dello spirito di quell’assise possono essere di timolo a recuperare contenuti utili al tempo che stiamo vivendo, confidando nella forza della Parola del Vangelo e nel valore della testimonianza personale e comunitaria. Con innegabili ricadute sul piano della prassi anche politica. Non ci si può attardare su posizioni di stanco e ripetitivo tradizionalismo.
      Il professor Simone Paganini dell’Università di Innsbruck parlerà l’8 di agosto su Qumran e il monastero degli Esseni. Dove sta la controversia?
      Premetto che uno dei risultati del Concilio è stato il risveglio dell’interesse per la storia della Bibbia. Lei sa che sino ad oggi si è ritenuto che Qumran sia stato il centro di una folta comunità di monaci, gli Esseni, aderenti ad una corrente dell’ebraismo molto radicale. A confortare questa tesi vi è stata poi la scoperta di grotte contenenti importanti rotoli manoscritti che si è pensato essere parte della biblioteca del monastero stesso. Simone Paganini, in un recente volume pubblicato dalle edizioni Dehoniane, mette in discussione questa impostazione e cerca di mostrare che le rovine di Qumran sono in realtà i resti di un sistema di fortificazioni contro le invasioni e che i manoscritti sono stati nascosti nelle sue grotte da sacerdoti del Tempio in seguito all’avanzata dei Romani verso Gerusalemme. Non è di poco conto accettare l’una o l’altra tesi.
      Mi pare centrale, nella serie di incontri previsti, la serata dedicata alla possibilità di dire Dio oggi,con la relazione del professor Giorgio Sgubbi della Facoltà teologica di Lugano.
      E’ vero per almeno due ragioni. Il 23 agosto sarà riattivata la Cattedra internazionale di teologia che ha visto parlare a Urbino insigni studiosi (Moltmann, Vahanian, Aletti, per fare qualche nome…) e sarà affrontato un tema davvero incandescente. Si tratta di capire se si possa pensare Dio anche per via di ragione, senza aggredire il mistero o dissolverlo, per corrispondere in “stato di obbedienza razionale” al desiderio di Dio stesso di manifestarsi, come ciò che non vuole essere confuso con nessun’altra verità. Giorgio Sgubbi è ben noto alla comunità internazionale dei teologi e dei filosofi, con un testo che ha fatto molto discutere e che porta il titolo “Dio di Gesù Cristo. Dio dei filosofi”, pubblicato in Italia dalle edizioni Dehoniane di Bologna
      Il titolo del seminario del 28 agosto è un po’ difficile da decifrare. Che significa parlare di bioetica, biotecnologie e condizione postumana?
      Significa collocarsi sulle frontiere di problemi morali che incontreremo sempre più frequentemente nei prossimi anni. Le biotecnologie sono in condizione di trasformare in profondità il mondo umano e l’ambiente in cui viviamo. Per fare un solo esempio: il corpo umano è considerato come costituito da parti indivisibili, ma oggi può essere suddiviso e i suoi organi si possono scambiare, passando da un corpo all’altro, spesso da un morto a un vivo, intrecciando così tra loro storie personali lontane e diverse. Inoltre lo spostamento progressivo dei limiti cronologici della vita, modifica le aspettative del singolo e di conseguenza la comprensione che ciascuno ha di sé e degli altri. La controversia nasce tra chi difende la sacralità e la gratuità della vita e quanti sostengono il primato della qualità della vita e dunque la legittimità di ogni intervento sull’uomo, divenuto ormai capace di essere tecnicamente padrone della propria esistenza. I cantori di questa prospettiva parlano, a questo proposito, di condizione postumana, nel senso di radicalmente diversa da quella sinora sperimentata. Ragionare, in tempo di crisi e di smarrimento, su tali questioni con uno specialista come Antonio Da Re, docente di filosofia morale dell’Università di Padova, mi pare che non sia un puro gioco intellettuale, un modo effimero e consumistico di fare cultura. L’insieme dei seminari del prossimo agosto, come può vedere, hanno immediata attinenza con la nostra esistenza individuale e collettiva. Fanno parte della necessaria ricerca di senso e di direzione, in questo difficile passaggio d’epoca.
      A cura di CMG

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