URBINO. Domenica scorsa 24 giugno il santuario mariano del Pelingo è stato protagonista di un importante momento nella vita della nostra arcidiocesi di Urbino – Urbania – Sant’Angelo in Vado, a conclusione di un altro anno (il settimo) di formazione del laicato: l’istituzione di nuovi ministri della comunione, la conferma del mandato per chi già l’aveva ricevuto e la presentazione all’Arcivescovo di due nuovi candidati al diaconato permanente, Stefano Mancini Zanchi di Calpino e Federico Baffoni di Morciola di Colbordolo. «Dopo l’Assemblea Diocesana vissuta qui al Pelingo giusto una settimana fa – ha sottolineato mons. Davide Tonti, Vicario Episcopale per il Diaconato Permanente ed i ministeri istituiti, introducendo la sua relazione – dove tutte le relatà ecclesiali religiose e laiche si sono incontrate insieme a Sua Eccellenza l’arcivescovo mons. Giovanni Tani per un momento di riflessione comune sulla realtà della Chiesa locale, mettendo in luce i tanti doni che il Signore ha voluto profondere nella nostra Arcidiocesi, l’odierno incontro con i ministri straordinari della Comunione, i lettori, gli accoliti, i candidati al diaconato permanente, diviene una risposta concreta al Vescovo, che chiama a “servire” nel nome di Cristo».
Avendo sullo sfondo del suo intervento l’icona biblica della missione di Pietro (Lc 5), mons. Tonti ha delineato i tratti salienti dei ministeri istituiti e dei ministri che ad essi sono chiamati dalla Chiesa. «La ministerialità laicale – ha affermato mons. Tonti – è uno dei frutti di comunione dell’ecclesiologia del Concilio Ecumenico vaticano II». Il tutto, non solo e non tanto come supplenza alla carenza di ministri ordinati, presbiteri e diaconi, quanto piuttosto quale segno concreto della corresponsabilità.
L’arcivescovo mons. Giovanni Tani ha poi presieduto l’eucaristia, durante la quale ha istituito i nuovi ministri ed accolto la domanda dei candidati al Diaconato permanente. Nell’omelia l’Arcivescovo ha ribadito con forza il valore ecclesiale del ministero della comunione, quale servizio di collaborazione con i sacerdoti nella celebrazione e – soprattutto – quale espressione viva di una Chiesa vicina a chi soffre, e tutta tesa a non far mancare l’eucaristia a quanti non possono partecipare alla messa domenicale, anziani ed ammalati, cercando di vivere nella vita il sacramento che custodiranno. Afferma infatti il pontificale romano, nella monizione che introduce il rito di istituzione: «E poiché distribuirete agli altri l’Eucaristia, sappiate esercitare la carità fraterna, secondo il precetto del Signore, che nel dare in cibo ai discepoli il suo stesso corpo, disse loro: Questo è il mio comandamento, che vi amiate l’un l’altro, come io ho amato voi». Una testimonianza viva, in sintesi, di quanto sia centrale l’Eucaristia nella vita del cristiano, come già affermavano i martiri di Abitene: «Senza la domenica non possiamo vivere».
Don Andreas Fassa