URBINO – E’ stato un pomeriggio toccante, commovente ma anche foriero di speranza ed edificante per la fede, quello vissuto dai tanti fedeli e cittadini che sono accorsi nella chiesa di San Domenico, da ogni parte dell’Arcidiocesi, ma anche da fuori, per rivivere l’esperienza di Mons. Bianchi, già Pastore dal 1977 al 1999, raccolta nel libro “Cose Mie”, diario della malattia “in pazienza e speranza”. Si tratta di un testo comprendente due diari che racchiudono la dolorosa prova da lui vissuta in periodi distinti. Nel primo viene descritta la malattia del fratello Graziano, che colpito da grave disfunzione renale, è costretto alla dialisi. Don Donato si propone di aiutarlo, sottoponendosi al trapianto per donargli un rene. Un’esperienza difficile, rivelatasi tra l’altro vana, dal momento che il fratello non riesce a sopravvivere, morendo due mesi dopo, il 7 gennaio del 1976. Nel secondo diario invece, racconta il proprio calvario da quando gli viene diagnosticata, all’inizio del 1998, una grave forma di leucemia, a seguito della quale si sottopone a dolorosi e ripetuti trattamenti chemioterapici che sopporta con pazienza, fiducia e abbandono a Dio e alla Sua Volontà, pur sapendo di avere poche possibilità di riuscita. La morte infatti, lo coglie il 5 aprile del 1999, lunedì di Pasqua. Un’atmosfera ricca di emozioni, sensazioni e toccanti ricordi, vissuti dai tanti presenti e resi ancora più vivi e visibili dai volti commossi di alcuni suoi familiari, tra cui la sorella Vilma Bianchi, i nipoti Pierluigi Semprini con la moglie Loretta, Mara Marani e Mauro Marani con la moglie Loredana. «Non ho avuto la fortuna di incontrarlo», ha detto Mons. Tani, «ma ho sentito parlare spesso di lui, soprattutto per il servizio alla pastorale sanitaria. Il testo che presentiamo è un diario del suo calvario e di quello del fratello, ma anche una testimonianza di fede e di un’accorata preghiera di aiuto al Signore, nonché di un forte legame alla Chiesa, all’Arcidiocesi, ai sacerdoti e alla richiesta di vocazioni». Antonella Buratta, curatrice del libro, ha sottolineato tra l’altro, che le pagine del testo «svelano un cammino spirituale e aiutano a mettere la propria esistenza nelle mani di Colui che l’ha generata, con umiltà e pazienza. Un itinerario di fede che rivela la personalità di don Donato che vive nel segreto il tormento della prova, senza mai perdere il costante e confidente dialogo con il Signore». Anche don Piero Pellegrini, Vicario per la pastorale familiare, nel testo ha trovato che «l’Arcivescovo Bianchi ha vissuto la malattia sempre “in compagnia”, mai solo, anche nei giorni più difficili: la “compagnia” di Gesù nei segni sacramentali della Parola e dell’Eucaristia; la “compagnia” della Madre, fra le cui braccia osava mettersi ogni momento; la “compagnia” dell’Angelo Custode, la “compagnia dei familiari che sentiva come la mano consolatrice di Dio; la “compagnia” dei suoi preti e di tutti i fedeli della sua Arcidiocesi».
Giuseppe Magnanelli