Il versetto degli Atti degli Apostoli (10,34), «Dio non fa preferenze di persone», è stato il tema della veglia di preghiera per la giornata per il superamento dell’omobitransfobia presieduta dai Vescovi di Pesaro e Fano, Mons. Sandro Salvucci e Mons. Andrea Andreozzi, venerdì 16 maggio nella parrocchia di San Paolo Apostolo al Vallato. La veglia, curata dalle diocesi di Pesaro e Fano con il contributo della Commissione Fede Genere Sessualità delle Chiese battiste, metodiste e valdesi, ha voluto, come è stato letto nell’introduzione, accendere una luce, con equilibrio e rispetto, sull’odio omotransfobico che si manifesta in vario modo, che fa soffrire tanti e tante e che spesso sfocia nel senso di disistima, nel desiderio di nascondimento e a volte nel suicidio.
All’ingresso della chiesa a ogni persona è stato distribuito un nastro di stoffa colorato su cui scrivere una parola che indicasse il superamento dell’omobitransfobia, nastri che poi sono stati appesi al Crocifisso vicino all’altare.
Testimonianze. Il momento più intenso e commovente della veglia è stato, senza dubbio, il racconto di chi ha vissuto sulla propria pelle l’indifferenza, il dolore, la solitudine, il sentirsi diverso e non accettato, ma anche la scoperta dell’amore incondizionato di Dio che non “fa preferenze di persone”. “L’omofobia – ha affermato Luca nella sua testimonianza – è anche un quotidiano logoramento. A volte non c’è una condanna esplicita, ma basta uno sguardo, una frase, un silenzio. Quando ho capito di essere omosessuale, a 13 anni, ero consapevole di essere già condannato senza processo. Per dieci anni, sono diventato nemico di me stesso e, per tanto tempo, mi sono sentito figlio di un Dio lontano. Ho trascorso anni come un clandestino e, quando mi sono dichiarato, le cose non sono andate meglio: nessuno mi ha sostenuto. Ero un figlio fonte di vergogna, un educatore non più accolto, un fedele reietto. La mia risalita è iniziata proprio dall’ateismo profondo in cui ero caduto e, allo stesso tempo, dalla mia continua ricerca. Mi ci sono voluti anni per capire che Dio mi amava tutto intero, omosessualità compresa. Il Vangelo ha trovato dimora in me parola dopo parola”.
Toccanti anche le parole di due genitori, Mara e Agostino. 45 anni di matrimonio alle spalle e un figlio omosessuale che si è allontanato dalla Chiesa perché non capito e accettato. “La nostra vita cristiana – ha detto Mara – era perfetta, tutte le tappe erano state rispettate. Questo imprevisto ci ha spiazzati, ma ci ha fatto toccare con mano che la vita non è tutta nelle nostre mani. Abbiamo imparato che l’amore non si merita, si accoglie. Abbiamo fatto un lunghissimo cammino di preghiera e di studio che ha sciolto le incrostazioni del nostro cuore. Ci abbiamo messo tanto tempo, ma ora abbiamo riallacciato i rapporti con nostro figlio”.
Attilio ha sottolineato, nella sua testimonianza, che le difficoltà più grandi le ha riscontrate nel mondo ecclesiastico. “Agli occhi di Dio – ha raccontato – sapevo che ero un figlio come tutti gli altri, ma le forti condanne che arrivavano dall’esterno sono state gocce che hanno scavato costantemente dentro di me. Anche se sapevo che Dio non mi avrebbe mai abbandonato, non riuscivo più a sentire il legame con Lui perché troppe erano le domande, ma la Sua presenza c’era”. “Se non fosse stato per mio figlio – ha esordito Luisa mamma di un figlio transgender – non avrei mai preso coscienza di quanto dolore possa provocare l’ignoranza. Con lui, la mia esperienza di fede si è risvegliata”. Ognuno con il suo vissuto hanno offerto ai numerosi presenti una parte del loro cuore, sicuramente ferito, ma ricco di sentimenti e di speranza.
Nastri. Al termine della veglia, prendendoli dalla croce, i Vescovi Sandro e Andrea hanno riconsegnato ai presenti i nastri di stoffa colorati come ricordo della preghiera e come invito a mantenerci accoglienti e uniti nella diversità.