Al tempo del Rettore Carlo Bo cedette all’ateneo feltresco il suo avito palazzo di fronte al Duomo e al Palazzo Ducale
Il 28 febbraio 2024 l’urbinate Francesca Benedetti recitò al Teatro Sanzio l’Erodiade nella versione di Giovanni Testori. Una voce possente, sicura, impensabile in un’attrice di 89 anni. A fine spettacolo, dopo gli applausi a scena aperta, un gruppetto di urbinati doc, scendemmo in camerino a congratularci e a manifestarle il nostro affetto. Ci abbracciò tutti confermandoci che la lunga residenza a Roma non aveva minimamente scalfito il suo affetto per Urbino. Le ricordai la mia presenza nello studio del Magnifico Rettore Carlo Bo quando si definì la cessione del suo palazzo avito -di fronte al Duomo e al Palazzo Ducale- all’Università degli Studi.
Vecchi ricordi. «È la casa della mia infanzia – disse – dalla finestra della mia camera mi incantavo a vedere la facciata del duomo e quella del Palazzo Ducale. Da quei due capolavori ho attinto la forza dello Spirito e la vocazione per il teatro. Due pulpiti che non mi hanno mai abbandonato. Anzi hanno alimentato la mia amorevole nostalgia per questa straordinaria città dell’anima». «Domani -di mattino – vai a rivederla – le dissi – così vedi con che decoro la mantiene l’Ateneo. Rivolgiti al responsabile Gianluca Antonelli che non mancherà di farti da guida tra i vari uffici, guidandolo tra i tuoi ricordi. E quando esci, davanti alla soglia, soffermati un attimo a rileggere quella targa in pietra dedicata a Ferruccio, tuo padre, “personaggio estroso e geniale amantissimo della sua Urbino”». Il testo è del docente di Storia dell’Arte Walter Fontana.
Cassa di risonanza. Il Circolo cittadino, frequentato dal padre, era una cassa di risonanza dei suoi successi. Ancor prima della performance, si sottolineavano i registi che l’avevano scelta: Luca Ronconi, Giorgio Strehler, Luigi Squarzina, Anton Giulio Majano, Marco Bellocchio, Giovanni Testori per i nomi più risonanti. Ma anche di attori come Gian Maria Volontè o Philippe Leroy la descrivevano come attrice scanzonata che ammantava il suo personaggio in maniera unica rendendo più facile il loro ruolo di partners. Ma il suo pensiero ritornava all’infanzia, ai vicini di casa che ruotavano intorno alla sua casa, come l’immunologo di fama internazionale Fernando Aiuti, lo storico dell’arte Andrea Emiliani, il fratello Vittorio giornalista e scrittore, i pittori Mario Logli, Renzo Scopa, i fratelli Gambedotti, compagni di giochi in Via Veterani, nella piazza tra il Duomo e il Palazzo di Federico, dentro il quale si entrava liberamente, come in Duomo, per l’atavico rispetto delle strutture, che affascinavano e ispiravano anche nell’inconscio.
Addio alle scene. L’ultima recita della FEFFE (così la chiamavano in Urbino) e della sua Erodiade di Giovanni Testori è avvenuta a Roma il 18 novembre del 2024. Non aveva abdicato. Non si sentiva condizionata dagli anni. Disse in un’intervista “che bello essere vecchi, con quello status ci si libera di tante responsabilità”. E’ un addio? Chiese l’interlocutore. Per niente rispose “conto di tornare in scena con un personaggio forte, efferato, violento, ma anche bello”. Il bello della sua infanzia, della sua casa, della sua Urbino, della sua vocazione artistica, di natura eterea, siderale.