Sapevamo da tempo che il vescovo Armando al compimento del suo settantacinquesimo anno di età avrebbe rimesso il suo mandato nelle mani del Papa. Ma come avrebbe vissuto questo momento la diocesi nessuno poteva dirlo. Ora che è stato eletto Mons. Andrea Andreozzi come suo successore posso dire che dal 16 febbraio al 3 maggio non ci sono state le solite fughe di notizie, articoli sui giornali con rivelazioni di ipotetici nomi. In nessun ambiente ho percepito fibrillazioni, inquietudini e chiacchiere: tutto ha continuato a svolgersi in modo estremamente corretto, rispettoso.
Questo mi ha fatto molto piacere perché penso che in ogni cambiamento che si vive nella comunità cristiana la continuità e la discontinuità convivono insieme e dividendole non si fa giustizia alla storia che cambia, al tempo in cui si vive, all’oggi della Chiesa.
Tutto questo certamente mi ha coinvolto in questi mesi nella preghiera e nel servizio e trovo provvidenziale che per volere del Vescovo eletto si tenga la nostra tradizionale annuale Assemblea Pastorale Diocesana. Il fatto che si sia scelto di farla coincidere con la Domenica di Pentecoste è un ulteriore segno della volontà di tutti di metterci in ascolto di quanto lo Spirito ci suggerisce.
Domenica pomeriggio 28 maggio, ci incontreremo al Centro pastorale, la nostra casa diocesana, e accompagnati dal gesuita Padre Flavio Bottaro affronteremo il tema del discernimento comunitario all’interno di quanto oggi la nostra Chiesa locale sta vivendo, cioè l’accoglienza di un nuovo pastore. Sono invitati in particolare i Consigli Pastorali Parrocchiali, i presbiteri e i diaconi, i ministri istituiti e ogni persona che svolge un servizio a favore della comunità, i religiosi e le religiose, i membri di associazioni e movimenti.
Vorremmo vivere questo tempo mettendoci in profonda comunione con tutto il nostro territorio dal mare alle aree interne perché i processi di cambiamento in atto appartengono a tutti, credenti e non credenti e sottolineare con forza che discernere non possiamo farlo da soli, all’interno di piccoli recinti che diventano tradizionalisti o progressisti a seconda di chi li abita. In questi anni di ascolto del cammino sinodale penso che abbiamo tutti imparato come il rinnovamento della comunità coincida col fare entrare le voci e parole di tutti nelle nostre Chiese; le voci e le grida di chi è fragile, sofferente, emarginato sono quelle di un neonato che di notte piange per risvegliare nei suoi genitori l’amore e la cura.