Papa Clemente XI (1700-1721), urbinate, regalò una pianeta, in seta e argento, che l’arcivescovo di Urbino indossa regolarmente nella Messa della ricorrenza del 19 Marzo. E’ quella che ha indossato mons. Sandro Salvucci, lunedì scorso nella chiesa di San Giuseppe ad Urbino, sede della Confraternita omonima, nata nel 1500.
Confraternita. Il Priore, nel porgere il benvenuto al Presule, ha ricordato tre tappe significative del lungo cammino di questa Confraternita nel segno di Giuseppe il giusto. La prima: l’accoglienza degli emigrati -gli Albani- che con lo status di confratelli, ebbero cittadinanza nel Ducato di Urbino e quindi non più stranieri nello Stato Pontificio, di cui Urbino era parte. Nel Settecento gli Albani raggiunto i vertici pontifici, in segno di riconoscenza riedificarono la piccola chiesa in quella monumentale odierna, conservando gelosamente la Cappellina col Presepe del Brandani. I confratelli dotarono la nuova Chiesa di un organo (del Vici), quello suonato dal maestro Lorenzo Antinori. La seconda: al soccorso dei poveri e bisognosi e all’educazione liturgico-religiosa si è aggiunta, l’assistenza ai condannati a morte, praticata nel segno della misericordia, spiegando loro che la volontà di Dio è di perdonare i peccati, non di punire i peccatori. La terza riguarda il mandato conferitoci dall’Arcivescovo Ugo Donato Bianchi: la custodia delle rispettive chiese. Per questo mandato le Confraternite di San Giuseppe e di San Giovanni (e annesse), mantenendo la propria autonomia, si sono consociate per portare avanti i loro progetti culturali-educativi, combinando insieme la dimensione estetica e quella sociale.
Comunione d’intenti. La Messa del nuovo Arcivescovo ha richiamato tanti fedeli ed i confratelli per l’occasione hanno indossato le tuniche rituali, insieme ai confratelli della confinante compagnia di San Giovanni, col priore Magnanelli. Le due Confraternite, guidate allora dal prof. Walter Fontana e da chi scrive, per poter gestire i rispettivi Musei, guardando al futuro, si sono consociate. Sulla traccia del settimanale “Nuovo Amico” diventato espressione delle tre Diocesi di Pesaro, Urbino e Fano. Una tendenza che continua con l’Unione delle Diocesi, avvenuta nell’ignoranza di tutti, scatenando proteste. Che sono un sicuro segno di amore all’Istituzione. A ciascuno di noi incombe ora il compito di rivitalizzare Chiesa e territorio, di riportare i credenti, giovani e adulti, nelle chiese e gli scettici negli antichi riti della tradizione, per alimentare la speranza della pace, del progresso, della bellezza, della tenerezza, dei canti, per contrastare la globalizzazione degli algoritmi e dell’indifferenza. Si ha bisogno di una guida autorevole, di un pastore, nel caso dei fedeli: credenti e non praticanti. Per risvegliare la coscienza segreta che fa parte della coscienza più vasta, aveva scritto Carlo Bo, con poche formalità e con immediatezza per porsi tra la gente. Un pensiero rilanciato da don Italo Mancini.
Omelia. L’arcivescovo Sandro nell’omelia ha calcato molto sulle virtù di San Giuseppe: dell’accoglienza, dell’assistenza e della custodia che ci hanno ispirato le riflessioni di cui sopra. Aggiungendo che il taciturno Giuseppe, non parla mai, ma fa. È uomo del fare, incoraggiato dal Signore che gli dice di non temere, di non rassegnarsi alle delusioni, ma di affrontare i problemi con la fortezza della fede piena di speranza.