“La paura non rende migliori, il Dio della paura non trasforma le persone, al massimo può trattenerle dal compiere azioni negative o malvagie. Ma se uno si trattiene solo per paura, ma non per il valore della sua scelta, non per la passione del bene, non perché si rende conto che solo il bene è costruttivo, se è solo la paura della punizione che segna la sua etica egli non diventerà mai migliore, né renderà il mondo più giusto. Anche la Chiesa progressivamente si è resa conto che non è con la condanna che si cambia l’uomo e il mondo, non è con la paura del castigo che l’uomo si risana e si eleva, ma attraverso la scoperta dell’amore”. Con questa premessa che ha accompagnato le cinque serate nella Basilica di San Paterniano, il Vescovo Armando ha introdotto, lunedì 27 marzo, il quinto Quaresimale animato dal coro “Iesus spes” – Istituto Diocesano di Musica Sacra diretto dal M° Francesco Raffaelli.
Fragilità. “Gesù ha amato gli uomini e le donne ed essi sentendosi accolti e amati, anche dentro le loro fragilità e peccati, hanno avuto la forza e il coraggio di intraprendere la via della giustizia e della bontà. La relazione con Dio – ha proseguito il Vescovo – è una perla preziosa che dà gusto alla vita. Gesù non è venuto per condannare, ma per insegnare la strada dell’umanizzazione e della felicità anche nel presente. Dio non vuole credenti per paura, perdonare è ridare speranza”.
Adultera. E’ entrato, poi, nel merito del Vangelo di Giovanni che narra l’episodio dell’adultera. “Questo racconto è un’icona evangelica di squisita delicatezza e di una forza prorompente. E’ una perla sperduta della tradizione antica che inquieta, interroga, costringe ogni lettore a prendere posizione. E’ un racconto che spaventa se lo si legge con attenzione, che risulta scandaloso e profondamente imbarazzante. Non ci si può accostare a questa icona con indifferenza o con superficialità; alla fine qualcosa turba il nostro cuore, smaschera il peccatore e l’accusatore che vivono in ciascuno di noi e nel nostro ipocrita perbenismo morale. L’icona evangelica ci consegna anche il volto della misericordiosa tenerezza di Dio, in un silenzio inedito, in un cerchio che invece di stringere nella morsa della morte si dilata verso un’attesa e direi quasi affascinante speranza di vita. Il Signore ci ama senza condizioni; così conosciamo per la prima volta chi siamo noi nel perdono ovvero persone infinitamente amate da Dio”.
Personaggi. Si è soffermato sui tre personaggi: Gesù, il gruppo degli scribi e dei farisei, la donna. Nell’intreccio narrativo l’evangelista Giovanni mette a confronto due giudizi: quello umano che condanna e ha per giudice dei peccatori, quello divino che assolve e che ha per giudice l’innocente. Gesù ci ha reso fratelli e non ipocritamente giudici gli uni degli altri. Il luogo del fatto narrato è il tempio di Gerusalemme nel quale Gesù insegna e ciò che insegna viene dalla sua esperienza di preghiera con il Padre. “Dio, di fronte al nostro male, si fa ultimo di tutti per recuperare tutti”.
Il Vescovo ha concluso la meditazione leggendo un intenso testo inedito di Alda Merini scritto nel 1948 a 17 anni. “Bisogna essere santi/per essere anche poeti:/dal grembo caldo d’ogni nostro gesto,/ d’ogni nostra parola che sia sobria,/ procederà la lirica perfetta/ in modo necessario ed istintivo./ Noi ci perdiamo, a volte, ed affanniamo/ per i vicoli ciechi del cervello,/ sbriciolati in miriadi di esseri/ senza vita durevole e completa;/ noi ci perdiamo, a volte, nel peccato/ della disconoscenza di noi stessi./ Ma con un gesto calmo della mano,/ con un guardar “volutamente” buono,/ noi ci possiamo sempre ricondurre/ sulla strada maestra che lasciammo,/ e nulla è più fecondo e più stupendo/ di questo tempo di conciliazione.
Il video integrale del quinto Quaresimale è disponibile su www.fanodiocesi.it