Quest’anno l’oratorio della parrocchia di Loreto a Pesaro compie vent’anni. Per l’occasione il parroco, don Peppe (Giuseppe Fabbrini), che è anche il responsabile della Pastorale diocesana degli oratori di Pesaro, ha voluto celebrare il traguardo con un libro. Un autentico capolavoro della narrativa in chiave pedagogica ed educativa, stampato dalla Tipografia Montaccini di Pesaro e impreziosito dagli splendidi disegni realizzati da Giuliano Ferri, maestro dell’illustrazione per ragazzi. «Giuliano Ferri ha antropomorfizzato i ragazzi protagonisti del libro – spiega don Peppe – in modo da omettere le loro foto, i nomi e i dettagli». Nella prefazione del libro, curata dalla direttrice dell’oratorio di Loreto, Micaela Ligi, si legge: «L’oratorio viene descritto attraverso i volti, le storie, gli aneddoti di coloro che negli anni lo hanno vissuto come se fosse davvero una stanza in più di casa propria». Il libro verrà presentato in anteprima mercoledì 27 luglio nel campetto parrocchiale, nel corso di una serata di festa con gli oratori e le famiglie. Per l’occasione verrà proiettato anche un video realizzato da ex ragazzi dell’oratorio che nel frattempo sono cresciuti e diventati genitori, medici, insegnanti etc…
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Quest’anno l’oratorio parrocchiale di S. Maria di Loreto celebra il ventesimo compleanno. «Per l’occasione – spiega don Giuseppe Fabbrini – ho voluto regalare alla comunità un libro per rileggere attraverso il suo oratorio, questo lungo tratto di strada. «All’inizio – prosegue don Peppe – eravamo un ‘pugno’ di persone, non più di 60 tra bambini, ragazzi, animatori e l’équipe educativa. Negli ultimi tempi (a parte questi anni di pandemia) siamo arrivati ad oltre 500 tra bambini e ragazzi e 150 fra animatori ed educatori».
Don Peppe come spieghi questa rinascita degli oratori diocesani in un momento di crescente scristianizzazione sociale?
Posso davvero dire che è stata la Provvidenza, che si è presentata attraverso l’intera comunità parrocchiale che crede nel valore educativo dell’oratorio e lo sostiene: lo segue, ci prega. La sfida è quella di far diventare l’oratorio uno spazio di accoglienza e dialogo, un ponte di raccordo, tra la proposta della fede quale esperienza di incontrare Cristo, tra il tempo della spensieratezza, della gioia, della leggerezza e quello dell’assunzione di responsabilità.
Perché hai scelto questo titolo per il tuo libro?
“Avanti un altro” è la frase che un ragazzo con disabilità dice tutte le mattine mentre entriamo in oratorio. Lui ha bisogno di punti fissi quindi il suo servizio è ‘accogliere’. E poi l’oratorio è un cammino in “avanti”, in crescita profetica verso il futuro; “un altro” perché dopo un bambino o un ragazzo o un giovane, se ne incontra un altro che desidera solo di essere accompagnato.
Il sottotitolo invece recita: “Come e da chi abbiamo imparato a vivere l’oratorio”. Quindi, voi da dove avete imparato?
Certamente informandoci in riferimento agli oratori che la chiesa offre da secoli (Salesiani, Filippini, ecc.); in arcidiocesi seguendo i criteri che l’arcivescovo Piero Coccia ci ha offerto. Ma anche formandoci attraverso corsi nazionale, in particolare l’Università di Perugia, che offre un “Corso di perfezionamento in progettazione, gestione e coordinamento dell’oratorio”. Ma possiamo anche dire che sono i bambini, ragazzi e giovani e in particolare quelli con disabilità, che ci hanno insegnato a fare oratorio.
Perché questa grande attenzione alla disabilità?
Nella parrocchia di Loreto abbiamo da sempre avuto possibilità di accogliere persone con disabilità; sono state loro che ci hanno invitato a vivere l’esperienza dell’inclusione. Ma l’inclusione riguarda tutti. L’inclusione è un diritto e motiva ogni strategia atta a combattere l’esclusione. Come considerare, per esempio, che la Lingua dei Segni del sordo o il Braille del cieco non sono una ‘pezza’ ad una mancanza, ma qualcosa in più, una ricchezza. Allora in oratorio il sordo insegna la Lingua dei Segni e il cieco insegna il Braille. La nostra sfida è che anche un ragazzino disabile, con il suo specifico, possa diventare educatore.
Quindi questo libro può essere considerato una sorta di manuale?
Certo perché oltre alle storie narrate di questi ragazzi c’è dentro l’esperienza della direttrice, delle suore, dei progetti d’arte, degli spettacoli. Nel libro racconto tutte le vie didattiche educative che abbiamo utilizzato per una inclusione. Quindi se lo si legge in un verso questo libro è la storia narrata di questa esperienza, però dentro ci sono tutte i criteri validi per poter formare un oratorio.
Ad esempio?
Nel capitolo dal titolo “L’abbraccio” si narra il percorso oratorio/catechistico che ha portato alla Prima Comunione un bambino con disabilità. Il capitolo “Correre” racconta la vicenda di un ragazzo che è diventato un campione di corsa ma che è cresciuto in oratorio. Poi c’è “La musica”, ovvero l’esperienza di una persona disabile che suona. Oppure “Scoubidou” ovvero una ragazza animatrice disabile che riesce a relazionarsi con i bambini grazie ai fili colorati. Il capitolo “Come fa?” racconta di un ragazzo cieco col quale abbiamo condiviso l’esperienza del museo tattile.
Don Peppe cos’è per te l’oratorio oggi?
È una comunità attenta ad ogni singola persona e con la sua attenzione educativa pone la persona ‘al centro’. È una scelta che apre al mistero e comporta un affascinante viaggio, meglio, un pellegrinaggio verso una sorta di santuario, perché ‘persona’ fa rima con ‘sacro’.