È in libreria da pochi giorni l’ultima fatica editoriale del sacerdote e teologo fanese don Giovanni Frausini dal titolo: “Contagiare di desiderio. Diaconato e riforma della Chiesa” (EDB, Bologna 2022, Euro 15,00). Un saggio che intende affrontare il tema del diaconato basandosi sulle fonti bibliche, patristiche e liturgiche, precisando le caratteristiche di tale ministero alla luce del concilio Vaticano II. Ciò che emerge dall’analisi è un diaconato chiamato a servire là dove la Chiesa sperimenta le proprie fragilità e insufficienze, là dove c’è da riparare l’infedeltà o l’inadeguatezza. Il diaconato è il ministero che aiuta la comunità cristiana a crescere nella fedeltà al Vangelo. Un servizio “liquido” perché si adegua, più di ogni altro, alle necessità che la Chiesa vive per la sua missione. Il testo presenta in appendice due approfondimenti, uno biblico-teologico e l’altro liturgico, per chi è interessato a un’analisi più attenta delle ragioni che hanno portato l’autore alle sue conclusioni. Don Giovanni Frausini è laureato in Medicina e Chirurgia con specializzazione in Psicologia, ha conseguito il dottorato all’Istituto di Liturgia pastorale Santa Giustina di Padova. Insegna all’Istituto Teologico Marchigiano e all’Istituto Teologico di Assisi. Tra le sue pubblicazioni: “Il sacramento dell’Ordine. Dacci oggi il nostro pane degli apostoli” (2017), “La fabbrica dei preti. Una proposta nuova, anzi antica, per le vocazioni al ministero” (2017) e “La teologia dei sacramenti dell’ordine nell’iter di revisione postconciliare dei riti di ordinazione” (2019).
***
I Diaconi per “riparare” la Chiesa
Intervista – A CURA DI ENRICA PAPETTI
Nonostante molti abbiano scritto sul diaconato come mai hai ritenuto di doverne scrivere anche tu?
Ho pensato di affrontare il tema del diaconato andando a cercare soprattutto nelle fonti, quelle bibliche, storiche, ed anche quelle della liturgia e del magistero attuali, mettendole anche a confronto con i principali autori di questi ultimi anni. Credo che sia molto importante oggi fare questo visto che il diaconato è tornato ad essere ministero stabile nella Chiesa solo da pochi decenni, dopo una parentesi plurisecolare. Siamo quindi inesperti di questo ministero ed abbiamo bisogno di tornare alle sue radici profonde, alla Scrittura e alla Tradizione della Chiesa.
Per fare una sintesi di quello che proponi, cosa diresti?
Ciò che emerge dall’analisi che faccio è un diaconato chiamato a servire là dove la Chiesa sperimenta le proprie fragilità e insufficienze, là dove c’è da riparare l’infedeltà o l’inadeguatezza. Il diaconato è il ministero che aiuta la comunità cristiana a crescere nella fedeltà al Vangelo. Un ministero che non può essere descritto per quello “che può fare” ma per quello “di cui si pre-occupa”.
Ma questo non è anche del vescovo e dei presbiteri?
Questo è in parte vero, perché tutto il ministero ordinato ha una radice diaconale. Ma quello dei diaconi si distingue da quello del vescovo e dei presbiteri perché è un servizio “liquido”, si adegua, più di ogni altro, alle necessità che la Chiesa vive per la sua missione, si fa carico di quello che manca o è da riparare perché sia come Dio vuole. I diaconi sono chiamati per quello che serve ad una comunità perché sia fedele alla missione che Dio gli ha affidato. È proprio questa agilità che li distingue: il vescovo con il suo presbiterio riunisce con la predicazione la Chiesa soprattutto per l’eucarestia, garantisce l’unità della comunità sia al proprio interno che con le altre assemblee eucaristiche. Il vescovo fa unità tra la nostra Chiesa e le altre Chiese e soprattutto con la Chiesa di Roma. Questo non è compito dei diaconi: a loro spetta il compito di riparare.
Puoi spiegarti meglio?
Pensa a San Francesco che molto probabilmente era proprio diacono. In San Damiano sente il Cristo crocifisso che lo chiama per nome e gli dice «Ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina». I diaconi sono i riparatori sacramentali della vita della Chiesa. Quando si accorgono che qualcosa non va, o quando il vescovo con il suo presbiterio constata un limite importante della comunità ecco che chiama i diaconi e li manda là dove serve. Perché questo significa servire: fare quello che serve. Pensa al testo degli Atti degli apostoli, capitolo 6. Quando vengono istituiti i diaconi? Quando la comunità rischia di dividersi per la insoddisfazione delle vedove di origine ellenistica. E di quali diaconi gli Atti ci parlano? Ci parlano di Stefano che affronta la prima grande crisi del rapporto tra la comunità cristiana nascente e il mondo di Israele, poi ci parla di Filippo che affronta la seconda grande crisi, il rapporto con il mondo pagano. Come vedi i diaconi sono là dove c’è una crisi, una difficoltà, qualcosa da riparare. Sono una garanzia anche per la riforma della Chiesa.
***
Ordine sacro – DI GIOVANNI SANTARELLI
Come sentinelle della comunità
Ho avuto la possibilità, in questi anni, di farmi un’idea del lavoro teologico che Giovanni Frausini ha portato avanti con i suoi corposi studi dedicati a riflettere sul sacramento dell’Ordine. Lo ha fatto mettendo sempre assieme il rispetto della grande tradizione con il profondo radicamento della teologia nella storia. L’immutabile mutato! Così sintetizzava, in un suo testo, la necessità di coniugare la permanente verità del ministero con le istanze e le caratteristiche dell’oggi. «C’è una fisionomia essenziale del sacerdote che non muta, ma c’è anche l’esigenza di adattarsi a ogni epoca e ad ogni ambiente di vita» si legge nel suo lavoro sul Sacramento dell’Ordine.
Nel grande cambiamento d’epoca che stiamo vivendo non è facile abbinare questi elementi mantenendo il giusto equilibrio tra gli urgenti cambiamenti che la Chiesa deve non solo nella sua organizzazione interna ma anche nella sua spiritualità e la necessità di mantenersi fedele alla “giusta” tradizione. Dopo essersi soffermato, in questa prospettiva, sull’Ordo Virginum, l’ultima sua fatica l’ha voluta dedicare al diaconato. L’impostazione è sostanzialmente la stessa utilizzata per gli altri lavori e cioè una importante inquadramento teologico e sacramentale del diaconato che lo pone all’interno della “successione apostolica” al pari, ma con modalità diverse, dell’episcopato e del presbiterato, e una sua funzione fortemente legata ai bisogni del contesto. Interessante il paradigma identitario che viene affibbiato ai diaconi quali “riparatori sacramentali” della vita della Chiesa. Per il loro ministero essi sono le sentinelle della Chiesa perchè non venga mai meno la fedeltà; loro compito è quello di segnalare i problemi e immediatamente porvi rimedio. Leggendo il lavoro da laico quale sono e particolarmente attento allo sviluppo del cammino sinodale avviato dalla Chiesa italiana in cui si parla di “camminare insieme” mi sono però chiesto quale potesse essere l’utilità di un testo sul diaconato se letto solo nell’ambito di una riflessione interna al ministero dell’Ordine. In realtà il testo offre elementi di attenzione alla “Chiesa come popolo tutto sacerdotale” affiancando il sacerdozio comune al “sacerdozio ministeriale” e ribadendo l’uguale dignità dei membri del popolo di Dio. Poi va anche oltre collegando direttamente il sacerdozio di Cristo con il sacerdozio di tutto il popolo di Dio e non con la sola componente ordinata e quindi gerarchica. Dall’unico sacerdozio di Cristo – si legge nel testo – deriva il popolo sacerdotale all’interno del quale si posiziona il ministero ordinato. Si tratta di “agganci” importanti a cui però occorrerà dare seguito con riflessioni specifiche, che potrebbero nascere dai cammini di ascolto e da possibili assemblee sinodali diocesane, sulla componente “non ordinata” del popolo di Dio su cui recentemente un teologo laico come Vergottini ha suggerito di non ricorrere più al termine “laicato” per descriverla, ma alla definizione più ampia di “cristiano testimone”. Un percorso su cui non solo la riflessione teologica, ma anche quella ecclesiologica e pastorale sono ai primi passi non solo per la carenza di studi, ma anche per la grande complessità che caratterizza il mondo laicale costituito da situazioni estremamente diversificate la cui dimensione identitaria prevale molto spesso sul sentirsi parte di un unico popolo. Speriamo che il processo avviato anche nella nostra Diocesi possa aiutare a colmare queste carenze.