Urbino – DI DENISE FRANCINI
Davanti ad una tazza di caffè americano, servito con biscotti e marmellata, la famiglia Moroz ci ha raccontato la sua storia. Prima della guerra, la loro vita andava a gonfie vele: i tre bambini andavano all’asilo, papà Andrii aveva la partita iva e lavorava come fisioterapista in una clinica, mentre mamma Liubov, come avvocato. Stavano bene e spesso contribuivano ad aiutare le persone più bisognose con le loro risorse, sia umane che economiche. Con lo scoppio improvviso della guerra, i Moroz hanno subito un forte ribaltamento. Non avrebbero mai pensato di diventare profughi e di dover fuggire da una situazione così dolorosa e spaventosa. Ora non hanno più niente e sono loro a dover chiedere aiuto.
Guerra. Andrii a differenza di suo padre, è sfuggito al combattimento – in Ucraina, infatti, vige una regola che vieta agli uomini con tre o più bambini di partecipare alla guerra, per provvedere al sostentamento della propria famiglia- riuscendo a mettere in salvo sua moglie e i suoi figli. Grazie a Dio non hanno avuto problemi alle frontiere ed ora vivono a Urbino, dove sono stati accolti da Violeta, un’amica della nonna materna. Violeta è stata e continua ad essere per loro un punto di riferimento non indifferente, alla quale sono molto riconoscenti. Poco dopo il loro arrivo, però, essi hanno avuto bisogno di cercare un’altra sistemazione, lasciando la casa di Violeta per mancanza di spazio a sufficienza per tutti. Così sono arrivati in un appartamento a Cavallino, passando per la Caritas. Nonostante la difficoltà linguistica, si è creata fin da subito una inusuale sintonia, alimentata dall’affetto sincero e spontaneo dei bambini, oltre alla cordialità e alla gentilezza di mamma e papà. Il clima è sereno e amicale, non solo con noi volontari e con Yana, la mediatrice del Comune di Urbino (con cui c’è una stretta collaborazione), ma anche coi vicini di casa e non solo.
Quotidianità. Giorno dopo giorno, si sta creando inaspettatamente un ponte tra la cultura italiana e quella ucraina. Inoltre, i bambini amano disegnare e spesso raffigurano noi volontari, oltre ad immagini colorate e gioiose. Non hanno subito il trauma della guerra, perché davanti a loro si evita di parlarne: loro sanno di essere in viaggio per una lunga vacanza. Nonostante la voglia di ritornare a casa, guardano desiderosi l’asilo vicino casa e sono molto sereni e spensierati. Al contrario, Andrii e Liubov provano paura e si sentono impotenti, disorientati e vuoti di fronte alle notizie giornaliere di familiari e amici, costretti a vivere nelle zone colpite. Allo stesso tempo, però, sono tanto grati per avere incontrato una rete di persone così accoglienti e calorose. Si sentono anche molto fortunati di avere la possibilità di vivere al meglio questa situazione di emergenza. Si sentono amati… e noi con loro.