Lettura Spirituale di DON DANIELE FEDERICI
Si parla sempre più di “vittoria”, e sempre meno di una “pace” negoziata, che non preveda la sconfitta del nemico. Non è un buon segno. Sant’Agostino nella Città di Dio, rileggendo la storia antica, scrive che se Roma avesse imposto le sue leggi ai popoli barbari con un compromesso, concorditer, e non con le armi, l’esito sarebbe stato migliore; e conclude con un giudizio, che illumina il presente: «ma non ci sarebbe stata alcuna gloria di chi invece così poté proclamarsi vincitore». Il più vicino alla prospettiva agostiniana, così libera da ogni messianismo politico fondato sulla superbia, è stato il mussulmano Erdogan, che, quando ha riunito le delegazioni russa e ucraina al tavolo di un negoziato, ormai quasi scomparso, ha parlato della ricerca di una “pace senza vincitori”. È proprio vero quello che dice la Pacem in terris di Giovanni XXIII: la pace fra le nazioni è un bene riconoscibile dalla ratio di tutti gli uomini, a prescindere dalla loro religione e cultura. Invece si sente la mancanza dell’Europa, democratica e liberale, che vanta il cristianesimo e, dopo le terribili guerre di religione, la distinzione fra religione e politica fra le sue radici culturali. I politici europei, schiacciati sul mito jeffersoniano dell’innocenza e della virtù americane, che, come scrive il teologo protestante Reinhold Niebuhr, confonde “il cielo e la terra”, e pieni di retorica bellicista inneggiante alla futura vittoria, sembrano infatti incapaci di una seria iniziativa diplomatica, in grado di riportare il conflitto dal piano ideologico a quello di un possibile compromesso fra gli interessi delle diverse potenze. Eppure il popolo cristiano, per la sua straordinaria “intelligenza del vero”, lo ha sempre saputo. Nel Santuario del SS. Crocifisso di Casteldimezzo ci sono tanti voti donati, per “grazia desiderata”, in tempo di guerra dalle comunità dei paesi vicini. Tutti chiedono la pace, nessuno la vittoria.