A più riprese i mazzaferresi hanno fatto presente la necessità di un camminamento per raggiungere il centro storico in sicurezza.
Il camminamento dal Mercatale ai Collegi universitari va prolungato fino a Mazzaferro, parrocchia di Santa Maria de Cruce dal 1963, residenza di dipendenti ed ex dipendenti dell’Università e dell’Erdis, e di un passato storico che va ricordato e ricostruito.
Medioevo. In età medievale, l’antica strada romana entra nelle vie maestre dei pellegrinaggi, in particolare dopo l’istituzione dei Giubilei nel 1300. Dalla valle del Metauro a Urbania (allora Casteldurante) la maggior parte dei pellegrini (anche povera gente) a piedi privilegiavano le scorciatoie, le strade di cresta. Salivano per i sentieri verso Montesoffio, proseguivano per Urbino, per l’Abbadia di San Tommaso in Foglia e proseguire poi per il Santuario di Loreto. Vie percorse anche dai nobili. Ma la strada calessabile si interrompeva in fondo alle Capute per riprendere poi dal Tufo, indi attraverso Mazzaferro, Caruffagallo, fino a Urbino. Dalle Capute al Tufo, sappiamo dalle cronache dell’ultimo Duca di Urbino Francesco Maria II, che si saliva in lettiga. Lo confermano i resoconti degli emissari del papa Clemente XI (1700-1721) i quali riferiscono che gli Albani hanno “bravissimi Lettichieri” e ottimi calessi, dal Tufo fino alla loro residenza patrizia in Urbino. Stesso tragitto anche per il ritorno, tanto che è ancor vivo il vocabolo Cal Palmiere, dalla palma che i pellegrini riportavano dalla raggiunta sede del pellegrinaggio che, nei libri delle Decime del duecento (Serra), appare con nome leggermente diverso. Nelle asperità di Montesoffio tre fonti di acqua, fresca e pura, garantivano il ristoro ai poveri pellegrini. Nella prima di Ca’ Palmiere, la tradizione orale giunta fino a noi, racconta di uno scritto “Oh pellegrin che del cammin sei lasso, fermati a bere che poi raddoppi il passo”. Anche la seconda a Fonte Spino, con una lapide quasi illeggibile e la terza vicino al Tufo, sulla deviazione per San Cipriano (Canaricchia), con una vasca ora piena di sterpaglie e rifiuti, confermano i ristori dell’antica via dei pellegrini.
Oggi. Sono ragioni che, insieme a quelle ecologiche ambientali, sostengono la legittima richiesta di un marciapiede di collegamento tra Mazzaferro e la città perché si diffonde sempre più tra la gente, la convinzione che, andando a piedi, migliora la salute e si esce dall’isolamento attuale, accentuato ora anche dalla pandemia. Del resto altri quartieri e frazioni hanno beneficiato o stanno beneficiando di adeguati marciapiedi; l’ultimo, in via di completamento, è quello realizzato lungo la circonvallazione Di Vittorio che collega l’ospedale con la zona del consorzio. I marciapiedi sono tanto più preziosi in quanto le strade, anche le provinciali e le nazionali, hanno due sole carreggiate, a volte anche ristrette e malsicure per i pedoni che sono costretti a percorrerle. Mazzaferro ha dunque tutti i requisiti per meritare il suo camminamento per poter raggiungere in comodità e sicurezza il centro storico, dato anche che i tempi consigliano un appropriato uso del “cavallo di San Francesco”.
Di Sergio Pretelli